Non potenza, ma coerenza. Non proclami, ma servizio…

Tutto quello che è imposto, presto o tardi sarà deposto.

Formazione.
Formazione.

L’amore non basta. Per occuparsi degli altri è troppo fragile. Strano, per la parola più scontata, quella che mette d’accordo tutti. Occorre un “sentimento di giustizia, ossia sentire sulla pelle le ferite degli altri che impedisce l’indifferenza, il giudizio e il pregiudizio”. Ogni forma di vita è degna della massima cura e di una relazione di rispetto. “Tutto è connesso”, ripete papa Francesco nella “Laudato si’”. “Ai segni del potere si sostituisca il potere dei segni”, della solidarietà, della valorizzazione, della compassione.

Da qui il messaggio radicale e scomodo, nell’epoca di un benessere fondato sui consumi: saranno i poveri a salvare noi, non certo il contrario. L’amore non basta, se non si impregna di questa dimensione di giustizia e se non si prova questa empatia per le ingiustizie altrui. Le ferite degli altri le dobbiamo sentire sulla nostra pelle come fossero nostre. I cambiamenti “imposti”, per decreto o dalle contingenze, non sono mai veri cambiamenti ma adattamenti. “Tutto quello che è imposto, presto o tardi sarà deposto”. I cambiamenti veri partono da dentro, da un processo interiore spesso tormentato che per consolidarsi, diventare realtà, ha bisogno di molto impegno, autodisciplina, anche coraggio. Si tratta di osare, di incamminarsi per sentieri nuovi, di rinunciare a sicurezze e abitudini.

Il rischio di desiderare il ritorno alla “normalità malata” che ha prodotto la crisi che stiamo vivendo è contrario allo Spirito che crea “cose nuove”. Anche la preghiera più aderente alla realtà è un grande desiderio di novità di vita, continuamente inventarsi cose nuove per rispondere ai bisogni delle persone, perché oggi è in corso un cambiamento epocale che impone a tutti una grande trasformazione, un cambio di rotta e di paradigmi per rimettere con forza la persona al centro. A volte tira la corda, quante attese, quante preoccupazioni, viviamo un tempo difficile. E’ assurdo ma per fare un servizio di amore e giustizia al popolo di Dio e ai bambini e giovani, in particolare, dobbiamo inventarci di tutto. Quando meno ce lo aspettiamo Dio Padre manda dei segni che sono inequivocabili. Benedetto XVI, intervistato da un bambino che gli chiedeva come si immaginasse il Paradiso, rispose che lo desiderava abitato dai suoi genitori e dalle persone care.Non sappiamo come sia il paradiso, ed è bene così, abbiamo una cognizione dell’inferno terrestre. Delle dure, a volti atroci sofferenze di chi viene umiliato, scartato, perseguitato. Di chi nei propri simili trova non fratelli, ma aguzzini spietati o spettatori indifferenti e “neutrali”. Di chi ha ricevuto non abbracci e riconoscimento, ma giudizi e pregiudizi. Un’idea di Paradiso possiamo farcela quando vediamo una di queste persone rialzarsi e ritrovare la speranza dopo aver ricevuto affetto, comprensione, disponibilità, opportunità di vero lavoro e giusto guadagno.

Un amore, “sentimento di giustizia”, non costruito su presupposti umani ma sulla parola del Signore che ”non ci ha comandato di piacerci, ma di amarci perché è Lui che ci unisce, senza uniformarci”. L’unità è un principio che si attiva con la preghiera, che permette allo Spirito Santo di intervenire, di aprire alla speranza, di accorciare le distanze, di tenerci insieme nelle difficoltà”. Tempo sprecato e inutile per i cristiani, soprattutto se consacrati, quello passato a lamentarsi di quello che non va. Le lamentele non cambiano nulla.“Al Signore non interessano le opinioni generali o la presunzione di persone per bene, ma le scelte personali fatte con coraggio profetico e sincerità”. I giovani, soprattutto, hanno bisogno di questa profezia, “non di parolai che promettono l’impossibile, ma di testimonianze che il Vangelo è possibile”. Non servono manifestazioni miracolose, ma vite che manifestano il miracolo dell’amore di Dio. “Non potenza, ma coerenza. Non proclami, ma servizio. Non teoria, ma testimonianzaNon abbiamo bisogno di essere ricchi, ma di amare i poveri; non di guadagnare per noi, ma di spenderci per gli altri; non del consenso del mondo, ma della gioia per il mondo che verrà; non di progetti efficienti, ma di educatori che offrono la vita,  innamorati di Dio e dei giovani. Una profezia vivente che “cambia la storia” (Francesco)

P. Diego Spadotto CSCh

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