Buon Natale di Gesù nel tempo della pandemia

Oggi si tratta di cercare di fare uso secondo la sapienza del cuore di questa malattia globale che è la pandemia.

Formazione.
Formazione.

P. Raniero Cantalamessa racconta questo episodio: “Mentre affrescava la cattedrale di San Paolo a Londra, il pittore James Thornhill, a un certo punto, fu preso da tanto entusiasmo per un suo affresco che, retrocedendo per vederlo meglio, non si accorgeva che stava per precipitare nel vuoto dall’impalcatura. Un assistente, inorridito, capì che un grido di richiamo avrebbe solo accelerato il disastro. Senza pensarci due volte, intinse un pennello nel colore e lo scaraventò in mezzo all’affresco.

Il maestro, esterrefatto, diede un balzo in avanti. La sua opera era compromessa, ma lui era salvo”. Questo episodio per dire che così fa a volte Dio con noi. Sconvolge i nostri progetti e la nostra quiete, per salvarci dal baratro che non vediamo. Non è Dio che, con il coronavirus, ha scaraventato il pennello sull’affresco della nostra orgogliosa civiltà tecnologica. Dio è alleato nostro, non del virus! Essendo supremamente buono – ha scritto sant’Agostino – Dio non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono, da trarre dal male stesso il bene” (Enchiridion, 11, 3)”.

Pascal, nella sua ultima infermità, scrisse un libro “Il buon uso delle malattie”. Oggi si tratta di cercare di fare uso secondo la sapienza del cuore di questa malattia globale che è la pandemia.

“Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sl 90, 12). Si hanno molte occasioni per riflettere su ciò che la pandemia ci sta dicendo dal punto di vista sociale e pastorale: la caducità e precarietà della vita terrena, la certezza di fede nella vita eterna, la consolazione di sapere che non siamo soli in questa tempesta che si è abbattuta sul mondo, perché “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. 

La pandemia ha mostrato anche i limiti di una vita religiosa che ha messo da parte o relativizzato tutte le cose importanti. In primo luogo il vero senso della vita comunitaria e poi la necessità di una vita di preghiera personale e comunitaria non formale. Preghiera e carità per non diventare «mediocri, tiepidi, mondani», distratti da «complotti», interessi personali e «tante vanità», a caccia di «padrini per fare carriera».  

Attratti dai nostri interessi e distratti da tante vanità, rischiamo di smarrire l’essenziale. Perché cercare di avere una promozione e promuoverci nella carriera? Tutto passa. Vegliate, dice il Signore. Pure i discepoli si addormentarono nelle ultime ore della vita terrena di Cristo. Durante l’ultima cena, tradirono Gesù; di notte si assopirono; al canto del gallo lo rinnegarono; al mattino lo lasciarono condannare a morte.

Anche su di noi può scendere lo stesso torpore. C’è un sonno pericoloso: il sonno della mediocrità che ci fa vivere perfino il Natale di Gesù alla moda del mondo. Il sonno viene quando dimentichiamo il primo amore e andiamo avanti per inerzia.

Questo corrode la fede, perché la fede è il contrario della mediocrità: è desiderio ardente di Dio, è audacia continua di convertirsi, è coraggio di amare, è andare sempre avanti.

La sveglia a questo sonno della mediocrità è la preghiera che é come l’ossigeno: «Come non si può vivere senza respirare, così non si può essere cristiani senza pregare».  

Ma c’è anche un secondo sonno interiore che è il sonno dell’indifferenza. Quando orbitiamo solo attorno a noi stessi e ai nostri bisogni, indifferenti a quelli degli altri, la notte scende nel cuore. Lamentele continue, vittimismo, ecc. È una catena. Questa notte sembra calata su tanti che reclamano di tutto e si disinteressano degli altri.

Sembra che provare compassione, aiutare, servire, sia cosa da perdenti. In realtà è l’unica cosa vincente, perché è già proiettata al futuro, al giorno del Signore, quando tutto passerà e rimarrà solo l’amore.  “Quando  venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo proprio Figlio, nato da donna” (Gal 4,4), e in questa pienezza del tempo Dio si incontra con la libertà di una giovane donna che accetta di accogliere in piena libertà il disegno misterioso di Dio e si offre per diventare madre  nella fiducia filiale a Dio. Oggi il Signore chiede alla vita consacrata la libera disponibilità di Maria.

P. Diego Spadotto, CSCh

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