Discernimento nel cammino di formazione e nel servizio di autorità

Chi presiede il discernimento non può essere il notaio delle diverse opinioni, ma dovrà articolarle in una comunione plurale.

Formazione.
Formazione.

Il discernimento è un dono per eccellenza dello Spirito, a servizio di tutti gli altri doni. Lo Spirito “accende lumen sensibus et infunde amorem cordibus” nel “duro mestiere di vivere” di formare, di servire con autorità, equilibrio e sapienza. Il discernimento fatto in comunità, in un sinodo, un capitolo, un consiglio generale, un’equipe di formatori non è una tecnica, ma la condizione senza la quale lo Spirito, maestro dell’unità nelle differenze, non parla. L’ascolto della Parola di Dio e la conoscenza della Storia e delle storie delle persone con la lettura dei “segni dei tempi” sono elementi fondamentali del discernimento, per prendere decisioni sulla vita delle persone. 

Chi presiede il discernimento non può essere il notaio delle diverse opinioni, ma dovrà articolarle in una comunione plurale.

I giudizi sulle persone, emessi senza conoscenza del loro entroterra culturale, con preconcetti e generalizzazioni e senza discernimento serio, possono mostrare che nel cuore di chi li emette, ci sono regioni oscure che emergono con prepotenza e diventano condanne ed esclusioni. 

Spesso i cattivi discernimenti nascono da deliri di onnipotenza. 

Il discernimento é faticoso, suppone umiltà e conoscenza anche del proprio cuore. Un cuore indurito non discerne. Il frutto del discernimento è sempre vitale per assumere ciò che la vita consegna come vocazione, Dio non “appare” ma è “visto e percepito” con gli occhi della fede e l’orecchio attento allo Spirito  “che ha il potere di custodire e di edificare” (cfr At 20, 32)

Nel processo di discernimento sulle persone provenienti da varie culture, è molto importante  conoscere,  oltre la loro cultura, la storia remota e recente del loro Paese e della Chiesa in quel Paese. La Congregazione, in pochi anni, ha aperto piccole comunità in alcuni Paesi di quattro Continenti.

P. Giovanni De Biasio, missionario in Brasile e uomo dal buon discernimento, aveva frequentato il CEHILA (Corso di storia fondamentale dell’America Latina), ripeteva spesso: Historia magistra vitae, se non la frequenti questa maestra non capisci molto a riguardo delle persone provenienti da culture e storie diverse. 

Questo pensiero può essere utile a chi governa oggi la Congregazione e ai formatori chiamati a fare discernimento a riguardo di confratelli in un contesto multietnico e interculturale. Essi non devono essere formati per perpetuare, con accanimento terapeutico, l’agonia di “opere” ma per essere missionari Cavanis creativi “in un mondo che cambia e in una chiesa in uscita”. Un esempio: la Congregazione non è presente in Vietnam ma ha già dei religiosi vietnamiti. Nella storia recente della Chiesa in Vietnam ci sono tre date fondamentali che occupano un’importanza chiave per capire un po’ del presente della Chiesa in Vietnam:

1954: il Nord diventa comunista e un numero consistente di cattolici emigrano verso il sud.

1975: Il Paese, dopo una lunga e straziante guerra che ha viste coinvolte le grandi potenze militari, si riunifica e diventa completamente comunista: molti lasciano il Paese, soprattutto i cattolici emigrano. Si formano delle diaspore in vari Paesi, Stati uniti, Australia, Europa. Le comunità del sud sono spogliate  dei loro beni; i religiosi vengono dispersi, arrestati o vivono clandestinamente, i reclutamenti di canditati per i seminari sono proibiti. le comunità cattoliche perdono tutto e subiscono persecuzioni, povertà e carestia.

1989/1990: con la caduta del muro di Berlino e il crollo del comunismo in Europa, il regime liberalizza un po’. Si profila una nuova tolleranza religiosa. Ma liberalizzazione non significa assenza di controllo. L’ideologia cede il passo al pragmatismo. Il Paese, come la Cina vicino dominatore, entra nell’area del liberismo economico, del capitalismo con orientamento socialista. Quando i confratelli vietnamiti saranno sacerdoti cosa restituiranno alle loro chiese di origine? Perché il Signore li ha inviati alla Congregazione?

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