Famiglia e scuola: spettatrici o protagoniste dell’educazione?

E' una domanda inquietante per il semplice fatto che si ha sempre più I'impressione che tanto la famiglia, quanto la scuola, abbiano sempre meno incidenza e forza per orientare le scelte educative.

Formazione.
Formazione.

E’ una domanda inquietante per il semplice fatto che si ha sempre più I’impressione che tanto la famiglia, quanto la scuola, abbiano sempre meno incidenza e forza per orientare le scelte educative. Se, poi, le scelte fatte nel campo educativo non sono fatte dalla famiglia e dagli educatori ma da altri, non hanno una finalità chiara, un progetto e una direzione ben definita e non sono trasparenti, responsabili e coerenti con i valori umani e cristiani, tutto il lavoro educativo diventa un processo di seduzione, un insieme di semplici finzioni di riti e procedure formali. E’ noto l’aneddoto raccontato da Kierkegaard a riguardo della nave senza pilota e a deriva e chi dovrebbe prendere in mano la situazione non lo fa. Chi si impossessa, allora, del megafono per dare la direzione? II cuoco di bordo! Conclude amaramente Kierkegaard, colui che si impossessa del megafono si impossessa anche del comando della nave e la conduce dove e come vuole ed é un cuoco e non il comandante responsabile della nave. Quindi, se la famiglia e la scuola vengono escluse, si omettono o diventano impotenti casa succede per quanto riguarda la nave dell’educazione?

Tra il dire e il fare, dice il detto popolare, c’é di mezzo il mare. No! Tra il dire e il fare c’é di mezzo I’educazione. La famiglia e la scuola non possono lasciare che il “cuoco di bordo” determini la rotta dell’educazione a suo piacimento. | vari “cuochi di bordo” fanno oggi quello che, secondo Sant’llario di Poitiers (IV sec. d.C), faceva l’imperatore romano: “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga. Non ci flagella la schiena, ma ci accarezza il ventre. Non ci confisca i beni, ma ci arricchisce per darci la morte. Non ci spinge verso la liberta mettendoci in carcere, ma verso

la schiavitù invitandoci e onorandoci del Palazzo. Non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore. Non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro’. Famiglia e scuola devono riprendere il loro ruolo di protagoniste e non di semplici spettatrici in una situazione di emergenza educativa. Vera emergenza educativa é lasciare la direzione dell’educazione ai cosi detti poteri forti, “cuochi di bordo” che riempiono il ventre dei ragazzi ma svuotano la loro testa e il loro cuore. L’emergenza non é una crisi. E’ una situazione minacciosa, un disorientamento, un processo privo di punti sicuri di riferimento. E’ come rammendare i buchi. Molti cercano di rimediare all’emergenza senza avere il tempo di riflettere su come stare all’erta nel pericolo e come uscire dalla minaccia di deriva. Non si tratta di elaborare una pedagogia fondata sulla minaccia di deriva, sarebbe condannata all’insuccesso. Una nuova pedagogia deve avere come fondamento un voto di fiducia dato alla gioventù, alla famiglia e alla scuola.

Chi puo essere, oggi, nell’emergenza educativa, il cuoco di bordo dell’aneddoto del filosofo danese? II “cuoco di bordo” sono i media quando obbediscono “a un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere…prima nascondono la verità poi espongono alla gogna…non considerano ogni uomo come persona é realtà sacra, perché ogni storia umana é storia sacra, e richiede il più grande rispetto…| media tendono a farci degli “spettatori’, come se il male riguardasse solamente gli altri e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti “attori” e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha influsso sugli altri…C’é un inquinamento dello spirito: quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia….Vediamo tutto in superficie, le persone diventano dei corpi, e questi corpi perdono l’anima, diventano cose, oggetti senza volto, scambiabili e consumabili” (Benedetto XVI). | ragazzi sono ingannati da messaggi forvianti in una società in cui il personaggio sovverte le regole, trascurando il bene, il vero, il bello.

Ritornare al protagonismo della scuola/educatori e della famiglia, genitori e figli significa ritornare al terreno solido della responsabilità e non dell’uso della gioventù e della scuola come istituzione per fini economici, ideologici e di parte. Nonostante le difficolta che le scuole cattoliche devono quotidianamente affrontare bisogna migliorare sempre di pili la scuola e il suo rapporto con la famiglia, ricordando che: tenere aperta una scuola significa tener chiusa una prigione (L. Murialdo). Se si vogliono migliorare i rapporti tra le persone si deve anzitutto misurarne la bontà, e poi, con piccole proposte, promuovere la comunicazione positiva, il senso d’appartenenza a una comunità. L’importanza della famiglia, della scuola, dello studio, della ricerca, della sobrietà, di un codice morale, della forza dell’affetto, della ricerca di senso di Dio, sono principi ancora validi e che dovrebbero essere costantemente riproposti ai giovani e alle famiglie. Assieme a quella speranza che da significato al presente e rende possibile il futuro. Ai genitori e agli educatori spetta il dovere di traghettare i ragazzi verso la vita e additare loro la meta. Genitori ed educatori non possono consegnare il timone ai padroni dei media, né il megafono a qualsiasi ciarlatano ideologo di un potere economico 0 politico.

L’educazione, in un certo senso, deve remare sempre controcorrente in un mondo dove imperano I’ideologia di una liberta sciolta da ogni vincolo, la cultura dei diritti individuali sganciati da ogni responsabilità, il culto del corpo e la negazione dello spirito, dove ha diritto di parola solo chi si colloca dentro l’orizzonte dell’immanenza irrequieta, violenta, precipitosa. Si ha paura di riflettere, é la dittatura dell’immediato. Anche la scuola e le riforme della scuola si differenziano e si sciolgono ancora prima di solidificarsi. | giovani non si sentono presi in considerazione, anzi si sentono estranei al mondo degli adulti, senza ruolo, sia nella società che nella chiesa e nella famiglia. | progetti educativi sono episodici e senza nessuna forza vincolante. Le idee sono senza importanza, valgono le strategie di successo, scelte tra le cose che vanno di moda. Si é prodotto un mondo saturo di incertezze e la vita si €é segmentata in episodi di breve durata, a cui si chiede la massima gratificazione. La famiglia é fatta e disfatta più di una volta nell’arco di vita del singolo. Anche al tempo dei Cavanis c’erano tutti i presupposti per parlare di emergenza educativa, ma i Cavanis non la interpretano e non la vivono cosi. Il senso della catastrofe non appartiene a loro. Sono uomini di Speranza e di pazienza. Non scrivono trattati di pedagogia ma si mettono al lavoro, scegliendo i mezzi pit adatti per raggiungere lo scopo: fiducia nei giovani responsabili del loro futuro, aiutano i ragazzi a crescere come uomini e figli di Dio affinché potessero raggiungere la statura di cristiani e di cittadini, riscattano dall’umiliazione la dignità della famiglia e della scuola aperta a tutti con gratuita di cuore.

| Cavanis si sono dedicati alla gioventù per pit di cinquant’anni e i loro giovani hanno capito cosa é fondamentale nell’educazione: P. Antonio e P. Marco Cavanis erano tutto per loro, giorno e notte, mattino e sera, in qualunque momento. Non avevano altra mira che il cercare insistentemente il bene morale, intellettuale e fisico dei ragazzi. Per loro studiavano, pregavano, scrivevano, viaggiavano, soffrivano ed erano disposti a dare la vita. Educare cristianamente i giovani era la loro ragion d’essere, senza risparmiare forze e fatiche. Essere padri, madri, educatori comporta una vera scelta di vita. Non si può negare che questa sia per gli educatori e i genitori la sfida pit. impegnativa nelle Scuole Cavanis. | genitori che scelgono le scuole cattoliche Cavanis per l’educazione dei loro figli, sono a pieno titolo partecipi della vita della comunità educativa, non solo in ragione della loro primaria responsabilità nell’educazione dei figli ma anche in ragione della scelta che deve significare condivisione dell’identità e del progetto educativo che caratterizza la scuola Cavanis. Per questo devono conoscere il progetto e accoglierlo con disponibile collaborazione. Gli insegnanti educatori nella Scuola cattolica Cavanis sono invitati ad approfondire la loro vocazione come educatori, a fornire al percorso formativo un contributo originale per la formazione umana e cristiana integrale dei giovani. La collaborazione e la comunione tra scuola e famiglia é il cuore del progetto educativo Cavanis: “per raggiungere l’armonia o confluenza di visione non é necessario che ci sia accordo, che gli uni e gli altri dicano le stesse cose. Le letture esistenti da diversi angoli devono conservare la propria diversità, ma mostrare anche che sono interpretazioni di una stessa realtà. In un duetto, tenore e soprano conservano le proprie differenze, altrimenti si romperebbe I’incanto della melodia; ma la partitura musicale é la stessa per entrambi” (G. Ravasi).

La scuola cattolica Cavanis:

In quanto scuola: propone la formazione integrale del ragazzo, la sua collaborazione responsabile.

In quanto cattolica: propone i valori evangelici per il cuore e la mente del ragazzo, la formazione della sua coscienza critica.

In quanto Cavanis: propone la paternità e la filiazione, lo spirito di famiglia come espressioni di rapporti umani fraterni e solidali.

P. Diego Spadotto

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