La Chiesa è anche, come lui stesso l’ha definita, un ospedale da campo. Francesco è morto sul campo, con lo spirito di servizio e di umiltà di un diacono. É partito il giorno dopo la Resurrezione e questo vuol di restare, legare il proprio destino a quello di Cristo, in presenza e in assenza.
LE PAROLE DI FRANCESCO:
Accoglienza, balconear, buona sera, buon pranzo, ciao, tenerezza, chiacchiericcio, globalizzazione dell’indifferenza, guerra mondiale a pezzi, odore delle pecore, clericalismo, ospedale da campo, cultura dello scarto, influencer di Dio, sinodalità, fratelli tutti, donna, misericordiar, compassione, buon umore, chiesa in uscita, periferie, disarmare la terra, ecologia integrale, chi sono io per giudicare, siamo tutti sulla stessa barca, la corruzione spuzza, la corruzione è come lo zucchero, piace ma fa diventare e fa vivere da diabetici in un paese diabetico, come vorrei una chiesa povera per i poveri, perché loro e non io, techo, tierra trabajo, capacità di piangere, cultura dell’egoismo, cultura della solidarietà, globalizzazione dell’indifferenza, Dio piange, la dignità della persona non si tocca ci si prende cura, dignità genera dignità, disarmare il linguaggio, la povertà non è una fatalità, non si può vivere sani in un mondo malato, la guerra è una follia, il futuro o sarà insieme o non sarà, non mollare mai, essere diversi e non adeguarsi al ribasso, fate chiasso…
I GESTI E I SEGNI DI FRANCESCO:
Non hanno innovato la dottrina ma rivoluzionato la comunicazione e lo stile papale: il sorriso, il toccare e abbracciare, le scarpe nere ortopediche, la borsa, l’auto utilitaria, santa Marta, semplicità vesti liturgiche, andare da solo a comprarsi gli occhiali o le scarpe, baciare i piedi ai detenuti uomini e donne, baciare piedi di due signori della guerra del Sudan implorando la pace…
Al fianco degli oltre 200mila ragazzi giunti a Roma per il Giubileo degli adolescenti, la Chiesa “riparte” affidando a loro il suo nuovo cammino. Francesco è “Uno di noi”, l’adolescenza “ribelle” scopre la speranza nel dolore per il Papa. I “paradossi” del nostro tempo sono stati spesso accolti, quasi accarezzati, dallo sguardo vigile di Papa Francesco, capace di leggerli senza giudizio, con la comprensione di chi cammina tra gli uomini. Il più evidente, il più crudele, resta quello della disuguaglianza: “quando pochi banchettano lautamente e troppi non hanno pane per vivere”. Eppure, esistono anche paradossi buoni, capaci di scardinare lo status quo, come Francesco ha sovente inteso fare. Paradossi che risplendono sotto la luce fragile della speranza, quello stesso valore che appare di fatto paradossale in un mondo così abituato alle bruttezze. “Non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo. Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui!”. Esserci, “una grazia”. Le risposte al dolore, che non ci sono. Chiamare “grazia” un funerale. Parlare di “ripartenza”.
Ecco il paradosso che il cuore giovane può comprendere senza imbarazzo, incoerenza, ipocrisia. Dawn, viene dagli USAi, occhi scuri e piercing al naso ha condiviso con il gruppo una canzone ascoltata in volo: One of Us di Joan Osborne, ballad rock del 1995 che si chiede se Dio non sia, in fondo, “uno di noi”, “un estraneo sull’autobus”: “Nobody callin’ on the phone, ‘cept for the Pope maybe in Rome.” “Nessuno che lo chiami al telefono. Solo, forse, il Papa a Roma.” I giovani sono spietati nella loro sincerità: così l’aveva definita Francesco, riferendosi ai ragazzi “che, per complesse ragioni storiche e culturali, vivono in modo più forte il bisogno di rendersi autonomi dai genitori, quasi di ‘liberarsi’ del retaggio della generazione precedente”. La saggezza non ha età. I giovani, insegnano senza saperlo. Il vero “fascino” della giovinezza, Francesco lo aveva saputo leggere nell’Esortazione Christus Vivit, dedicata proprio alle nuove generazioni. Il suo ritorno alla Casa del Padre sembra invitare ogni giovane a non rimanere fermo. Ad attraversare il dolore. A fare delle “scelte”, anche quando fanno paura. Questo, il “fascino” ultimo della giovinezza.
(sintesi da vari articoli di Avvenire)
“Teniamo le parole di Papa Francesco vicino al cuore” (Patti Smith)
La cantante Patti Smith, non è cattolica, ha incontrato Francesco in più occasioni. In questi giorni ha scritto una poesia e altri pensieri per ricordarlo, sua anche una canzone dedicata ad alcuni termini chiave cari a Francesco. Dopo aver appreso della sua morte la cantautrice statunitense, che ha segnato le generazioni e il mondo con le sue canzoni controcorrente e intrise di umanità, ha visto un piccolo fiore, da molti conosciuto come “dente di leone”, e ha composto una breve poesia dedicata a Francesco, che per lei è come quel tarassaco: «humble yet strong», umile eppure forte. Raggiunta al telefono, in Giappone, grata per il tempo in cui Francesco ci ha accompagnato, dispiaciuta per la sua dipartita, ha aggiunto: “Un dente di leone fiorito tra le pietre mi ha dato l’ispirazione per i versi che ha dedicato a Papa Francesco, forte e umile, rimpianto dalla natura, dalla poesia e dalla sofferenza”.
“Papa Francesco è un uomo di parola”
Patti aveva cantato per lui in Vaticano nel 2014 e oggi vive con partecipazione vera la sua scomparsa. “Svegliatevi tutti, il tempo è arrivato / riparare, curare la nostra casa comune / ringraziare, seminare / tendere la mano a chi ha bisogno / quando l’anima anela all’amore / esso viene dall’alto / misericordia, speranza, umiltà / queste sono le parole di cui vivere ogni giorno” recita la sua canzone These Are The Words. “L’ho sentito vicino come il battito del mio cuore. Ricordo quanto mi ha detto, che quando preghiamo dobbiamo farlo con il cuore e non come pappagalli, limitandoci a recitare parole. E lo stesso vale per l’ascolto. Ho sempre ascoltato le sue parole dal cuore, perché lui parla dal cuore. Con lui tutto è da cuore a cuore”. “Questa notte, prima di addormentarmi, contemplo gli ultimi dodici anni con Papa Francesco. Sebbene non sia cattolica, sono stata attratta dal suo gentile, aperto, e convinto senso di umanità. Mi sentivo più al sicuro sapendo che era tra noi, facendo del suo meglio per seguire e predicare gli insegnamenti di Cristo. È bello che le sue ultime parole siano concentrate fortemente sulla Pace”.
I piccoli gesti sono enormemente importanti
“Stiamo vivendo tempi davvero tormentati. C’è tanta avidità e brama di potere. In realtà spetta alle persone fare il possibile per essere gentili le une con le altre, ogni singolo giorno e in ogni modo. Tutti suoi insegnamenti: essere buoni, condividere, essere compassionevoli. Penso che dobbiamo lottare contro le forze esterne dell’avidità e del potere, per bloccarle facendo risplendere la gentilezza l’amore. Sarà un cammino molto arduo. Ma se riusciremo a essere in pace con il nostro prossimo, e il nostro prossimo con il suo prossimo, sarà già un inizio. Perché dobbiamo partire da ciò che è più umile, dal gesto umile. Penso che lui ci abbia insegnato questo, con il suo modo di essere. I piccoli gesti sono enormemente importanti. Lui irradia tanta speranza, tanta gioia e amore”.
…dobbiamo prendere le parole che gli erano care – amore, umiltà, compassione
Una cosa che ho notato sin dall’inizio è il suo amore per i bambini. Ho visto persone in fila, persone molto ricche, probabilmente molto gradevoli, ma con regali immensi, regali d’oro, con le mani protese con bei doni. E invece che cosa lo attirava? Il sorriso di un bambino. E mi ha dato grande consolazione che un uomo dotato di tanta semplicità e di una visione così ampia fosse qui con noi, nel mondo. Le parole che mi vengono in mente e che associo alla misericordia, all’umiltà, all’umanità, alla carità, alla speranza di Papa Francesco sono, credo, amore e compassione. Davvero sentiamo la sua mancanza. Forse, se ci penso, tra tutte le parole emerge “empatia”: lui sentiva quello che sentivano gli altri. Se un bambino piangeva, sentiva le lacrime di quel bambino. Se qualcuno provava gioia, lui provava quella gioia. Percepiva la gioia e la tristezza nelle Scritture. Senza empatia, l’umanità soffre. Papa Francesco, se ne è andato oltre. E noi dobbiamo prendere le parole che gli erano care – amore, umiltà, compassione –, accettarle, credere ad esse nel nostro cuore e cercare. Piango insieme alla gente, però sono anche molto felice, abbiamo avuto Francesco tra noi ora abbiamo le sue parole e i suoi gesti di amore e tenerezza”.
(sintesi da un articolo di Avvenire)