I lunghi periodi di sofferenza e incertezza creano confusione e insicurezza riguardo al presente e al futuro. In questi periodi il compito dei governanti e di tutti coloro che hanno la responsabilità di comunità, è quello di sostenere la fiducia della gente, di animare la speranza e di fare dei tentativi per proiettarsi nel domani senza ripetere il passato. Non possono rimanere indecisi e inerti, rimandando di giorno in giorno alcune decisioni, aspettando tempi migliori, che non verranno se non ci si impegna oggi ad anticiparli. Meglio arrischiare e fare qualche tentativo. Il testo evangelico del capitolo 21 di Giovanni, può aiutare a capire. I “pescatori di uomini” rappresentati da Pietro, ele comunità cristiane del 1° secolo d.C., sono in crisi, non sentendo più la presenza del Risorto che è novità e futuro. Sentendosi sconfitti, ritornano al passato: “io vado a pescare…veniamo anche noi con te”. Pesca infruttuosa: “abbiamo lavorato tutta la notte”. Gesù si presenta in modo velato all’alba: “Figlioli avete qualcosa da smangiare?”. Non lo riconoscono. Finalmente qualcuno grida: “È il Signore!” Pietro, sentendosi “svestito”, cioè senza fiducia, “si getta a mare”; infine, vergognosi, accolgono l’invito del Signore: “venite a mangiare”.
Prima era stato Gesù a farsi mendicante a chiedere loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. La parola “figlioli” è affettuosa e paterna e “non avete nulla da mangiare…” un capolavoro di finezza psicologica: farsi bisognosi di aiuto. “Figlioli” é il linguaggio usato dai Fondatori con i loro ragazzi. Poi dice “gettate e troverete”. Questa è la vera formazione: far protagonisti i giovani di una ripresa nonostante tutte le frustrazioni e delusioni. Gesù non poteva essere riconosciuto dai discepoli tristi e sfiduciati, nella tristezza non si vedono chiaramente le strade da seguire. Bisogna farsi “mendicanti e bisognosi”, ricostruire nei giovani la fiducia in se stessi e la gioia di prendere il largo, nascondendo le delusioni sotto un sorriso, salire sulle vette delle fatiche e delle speranze dell’umanità, metterle sull’altare del dono di se stessi e vincere la paura come Maria: “Ave Maria, il Signore è con te”. Il messaggero portò al Padre la lieta notizia: Maria ha accettato di accogliere in grembo il Figlio di Dio. E fu così che Nazaret, sconosciuto villaggio da dove non veniva niente di buono, diventò il luogo dell’Altissimo e del suo rivestirsi della nostra carne.
Con che passo riprenderemo il cammino con i giovani, passata questa tempesta? Rischiamo di camminare, magari di correre, ciascuno per conto suo, senza sapere dove andare. Una specie di “si salvi chi può”. La pandemia ha stravolto attese e progetti, ridisegnato le abitudini e i comportamenti di ciascuno; ci ha costretto anche ad abbandonare tante cose. Si fanno delle ipotesi, delle previsioni, delle congetture, oltre a formulare analisi critiche seguite da severe e giuste conseguenze o da accorate raccomandazioni. Si tratta, in sostanza, di adoperarsi per essere meglio preparati a questo tipo di emergenze, e più capaci al sacrificio come persone che in condizioni estreme riescono a trovare le energie nella Parola di Dio. Chiediamoci: dove hanno trovato le forze necessarie quelli che hanno dato persino la vita nelle situazioni difficili di questo nostro tempo? Le hanno trovate! Questo è il fatto. Da qualche parte nel mondo, in questi giorni, su un grande muro è comparsa questa scritta: «Non torniamo alla normalità, il male è questo». Verità paradossale ma vera. Non abbiamo neanche notato di essere regolarmente complici dei più forti, e sopportiamo o troviamo naturale che i rapporti tra le persone e tra le nazioni siano regolati dalla forza. Le circostanze favorevoli per scelte coraggiose non bastano, ci vuole anche una presa di coscienza personale, contagiosa e condivisa, ci vuole un libero impegno in unità di intenti. La libertà, prima di essere un diritto umano, prima di essere una conquista, è un dono da mettere a servizio della formazione dei giovani con la loro libera adesione. Nel campo educativo: non basta dire le cose, bisogna aiutare i ragazzi a camminare insieme e in grado di riconoscere le strade migliori per la propria vita, secondo la propria cultura.