Il sipario è calato sul 35° Capitolo, ma non ci si può esonerare dal continuare la riflessione, anche perché non è sempre vero che “indietro non si torna”, qualche volta alle fonti, bisogna saper tornare per andare davvero avanti. È indispensabile farlo con lungimiranza. Saggio non è chi ha il rendimento maggiore come “faccendiere”, ma chi ha la lungimiranza migliore, costui è simile alle “vergini prudenti” della parabola evangelica, che possono permettersi anche di dormire in attesa dello sposo, perché sono state previdenti, hanno portato riserve di olio per le loro lampade.
Cristo non ci chiede di essere eroi o protagonisti del tipo “faccio tutto io”, ma di essere lungimiranti, di saper distribuire bene le energie ed avere una buona riserva di sapienza del cuore per ogni evenienza. Nella vita consacrata Cavanis, non è in gioco la nostra efficienza aziendale ma la nostra esistenza lungimirante e la santità alla quale siamo chiamati. Come consacrati siamo “cirenei e collaboratori della gioia del popolo di Dio” (cfr 2Cor 1,24), chiamati a continuare il ministero di Gesù che si è fatto: “cibo e bevanda di vita, balsamo, veste, dimora, forza, rifugio, conforto…”, che “per noi e per la nostra salvezza discese dal cielo”, perché il Padre “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unico”. Ora, al mondo non manchi il Vangelo e al Vangelo non manchi la realtà complessa del mondo, conta ciò che si farà, ma anche ciò che non si deve fare più.
Ciò significa, che i Cavanis dell’Evangelii Gaudium non possono chiudersi nel proprio tornaconto, nei vicoli ciechi del proprio interesse e delle piccole ritorsioni vicendevoli, non possono limitarsi a una preghiera richiesta dal copione, dando l’impressione alla gente di essere dei rappresentanti della “sua merce”, piazzandola senza convinzione, solo per motivi di sopravvivenza. Presto la gente si stancherà e, anche se continua a dire che sono dei bravi organizzatori, diserterà la vita della comunità, ma continuerà, purtroppo, a partecipare alle feste poco religiose e molto folcloristiche. I missionari dell’Evangelii Gaudium non cercano negli altri la conferma del loro valore, fanno serio discernimento sulle idee dominanti, non rinunciano ad ascoltare la loro voce interiore, per vedere le cose da un punto di vista diverso e guadagnare una consapevolezza più matura.
Non cedono al conformismo per conquistare una posizione sociale, non cercano l’approvazione altrui, perdendo di vista se stessi e la capacità di navigare in mezzo alle contraddizioni del nostro tempo, con capacità di ascolto della realtà che viene incontro e che il Signore mette davanti. Nella complessa realtà del mondo sono le relazioni che ci definiscono e, attraverso il lavoro di ciascuno su se stesso, il fare discernimento sulla realtà: “Ciò in cui consistono i diritti umani e la dignità dell’uomo non è sempre evidente per la maggioranza, la quale può essere ingannata e manipolata e la libertà può essere distrutta in nome stesso della libertà” (Benedetto XVI).
Siamo chiamati ad uscire da un modo obsoleto di essere religiosi, liberarsi dalla paura e da un certo linguaggio che non comunica nulla, da discorsi disincantati e parole retoriche. La paura ha mille volti, é la sensazione dominante delle nostre collettività, prospera quando si fa della “sicurezza” il criterio supremo del vivere, cercando in tal modo di evitare i rischi, piuttosto che fronteggiarli.
Il Signore, invece, non ci parla di sicurezza ma di salvezza. Paura e ansia sono messaggi non detti che arrivano dalle porte blindate, dalle inferiate, dai sistemi di allarme, dalle guardie del corpo, dai metal detector. Tutti meccanismi ben compresi dalle ideologie di tutti i tempi: se si riesce a installare paura nella popolazione, la si ha in pugno. Nella paura la distinzione tra virtuale e reale viene offuscata.
Oggi i sentimenti di alienazione e la sfiducia verso le classi politiche, economiche e le religioni hanno raggiunto un livello alto tra la gioventù. Cosa può offrire ai giovani la nostra fede, la nostra formazione Cavanis, di fronte a questa incertezza? Dobbiamo mostrare che capiamo la loro frustrazione altrimenti essi non ci ascolteranno più. La fede cristiana sarà attraente per i giovani solo se oseremo chieder loro “molto e con fiducia”, se non la commercializziamo come un innocuo hobby che non impegna più di tanto. Allora nessun giovane butterà via la fede cristiana perché è una noia!
P. Diego Spadotto, CSCh