Giovani protagonisti nei processi sinodali di rinascita della nostra missione educativa

Al tempo dei Fondatori nessuno si interessava seriamente dei giovani, segnalava con tristezza P. Marco Cavanis.

“La nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani”, questa è la folgorante immagine di S. Kierkegaard della società del suo tempo, prima metà del 1800. Gli anni della vita apostolica dei nostri Fondatori.

E oggi? Con le mani alzate, in segno di resa, la vita religiosa naviga senza rotta e senza meta nella sua missione educativa, sballottata da onde e venti o impaurita delle onde della mediocrità. Al tempo dei Fondatori nessuno si interessava seriamente dei giovani, segnalava con tristezza P. Marco Cavanis.

Oggi, senza capitani, senza bussola e segnaletica di navigazione, la nave dell’umanità sembra essere nelle mani dei chef stellati e dei programmi di cucina della TV.

Quello che caratterizza la nostra epoca sono le promesse non mantenute di tanti che parlano di educazione della gioventù e la poca creatività nelle iniziative a favore dei giovani. Inoltre, nella società, scarseggiano le “cellule” sane, famiglie che coltivino e curino le relazioni educative.

In questo contesto Papa Francesco convoca il Sinodo dei vescovi ma con lo sguardo a tutto il popolo di Dio e in particolare alla famiglia, all’educazione, ai giovani. Quanto più la famiglia è sana, tanto più lo è la società. Al contrario, lo sfacelo della società ha inizio con lo sfacelo della famiglia, dei rapporti tra uomo e donna. L’agonia della famiglia è l’agonia della gratuità e dell’educazione, divampano rabbia e violenza. 

Papa Francesco guarda ai giovani: “Attenti ragazzi ai manipolatori di felicità, ambite a traguardi alti. Non fate passare i giorni della vita come le puntate di una telenovela. E quando sognate l’amore, non credete agli effetti speciali, ma che ognuno di voi è speciale. La vera rivoluzione è ribellarsi alla cultura del provvisorio, è andare oltre l’istinto e oltre l’istante, è amare per tutta la vita con tutto sé stessi”. 

Disconnettersi dalla vita reale non fa bene. I giovani, sono forse l’ultima generazione che ci può salvare. Servono creatività e resilienza per sistemare gli errori del passato e dirigerci verso una nuova economia più solidale, sostenibile ed inclusiva: “A voi, giovani, rinnovo il compito di mettere la fraternità al centro dell’economia. Mai come in questo tempo sentiamo la necessità di giovani che sappiano, con lo studio e con la pratica, dimostrare che una economia diversa esiste. Non scoraggiatevi: lasciatevi guidare dall’amore del Vangelo che è la molla di ogni cambiamento e ci esorta a entrare dentro le ferite della Storia e risorgere. Voi non siete il futuro, voi siete il presente. Un altro presente. Il mondo ha bisogno del vostro coraggio. Ora”.

Questa missione dell’economia comprende la rigenerazione di tutti i sistemi sociali: istillando i valori della fraternità, solidarietà, cura della Terra e dei beni comuni in tutte le strutture per affrontare le sfide del nostro tempo, dalla fame e malnutrizione, alla distribuzione equa dei vaccini. 

Si sta spegnendo il senso di appartenenza a una chiesa, a una fede, a una comunità. A causa dei rapidi cambiamenti sociali non si riesce a mettere radici da nessuna parte e a creare sentimenti di appartenenza. A causa della velocità dei cambiamenti tecnologici molte persone vengono prese da un profondo senso di insicurezza accentuato da un eccessivo uso dei media e hanno l’impressione che il mondo si stia disgregando, non hanno più fiducia in niente.

La paura del futuro affiora dentro di noi anche se non lo vogliamo. E’ fondamentale imparare a gestirla. Siamo tutti interconnessi. Nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro, le nostre azioni si influenzano l’una l’altra, e ciò che facciamo oggi influenza ciò che accade domani.

Nel cammino sinodale insieme ai giovani si può sperare di iniziare efficaci processi di solidarietà globale e relazioni di reciprocità responsabile.

Seguire il Vangelo significa proprio abbandonare le “false sicurezze” di regole uniformanti, lasciarsi mettere in discussione dalla realtà della vita e avviare processi di educazione integrale. Di questi processi, a volte, non si conosce l’esito finale.  Nonostante tutto quello che viviamo è un’epoca affascinante, di un fascino bello, fosse anche quello della ricerca, della responsabilità personale per portare avanti la libertà del Vangelo, camminando insieme.

P. Diego Spadotto, CSCh

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