Non è della paura che dobbiamo avere paura. Siamo impauriti qui perché i nostri giovani perdono la speranza e lentamente quando crescono si allontanano da noi privandoci della loro giovinezza creativa e le nostre strutture sono sempre più vuote.
È vero, abbiamo paura, ma dobbiamo dircelo insieme, perché le paure non vissute assieme provocano frammentazione e aggressività. Il vero grande pericolo non è la paura, ma è la rabbia, la rassegnazione o il cercare un misero successo personale. I giovani non vogliono lasciare in mano a nessuno il loro destino, non vogliono lasciarsi manipolare, non cercano salvatori di comodo o risposte prefabbricate.
I giovani sanno che ad aiutarli gratuitamente non è il politico che promette favori, il prete che li raccomanda a qualcuno più potente, non è chi dice che risolverà in modo semplice e rapido tutti i problemi.
Sanno che ad aiutarli sarà chiunque rispetti la bellezza di essere giovani e abbia fiducia in loro, chiunque sia disposto a fare un passo indietro per cedere loro la strada, chiunque rinnovi in loro la forza dello stare assieme, la speranza di trovare vie nuove, fatte di partecipazione e di dono, di autentica condivisione. I Capitolari quale profilo di Cavanis “tutto per i giovani” sapranno proporre nel 2019 in “un mondo che cambia”?
Il compito della scuola, delle parrocchie, delle associazioni e movimenti, é rompere l’isolamento dei giovani, ascoltare il grido, raccontare il dolore, la fatica di vivere, e darle senso. La Congregazione viene meno a questa sua missione, quando riduce la fede ad una pratica devozionale che non investe in tutta la vita e non si fa fonte di autentica comunità. Un’illusione pericolosa si sta diffondendo: che la chiusura, la contrapposizione all’altro siano una soluzione o la soluzione.
Una civiltà in cui sia normale che qualcuno viva perché un altro muore, è una civiltà che si avvia alla fine. La felicità costruita e mantenuta sull’infelicità degli altri è perversa e menzognera, pronta in breve a rivelarsi tale. I giovani sanno che non è la quantità del consenso elettorale che fa la democrazia in un Paese, non si è uomini ‘politici’ forti solo se si prendono tanti voti alle elezioni. Ciò che conta è la qualità del consenso.
La Chiesa non può restare in silenzio, io non posso restare in silenzio. Perché la Chiesa non ha alternative. Essa è stata collocata dal suo Signore accanto ai poveri e ai derelitti della storia, e tutte le volte che è uscita da quel posto per mettersi accanto ai forti, ai ricchi, ai potenti, ha perso il senso stesso del suo essere. La paternità di Dio é il principio di una nuova nascita: non la nascita di un popolo di figli omologati, ma di un popolo di diversi che si riconoscono diversi e per questo si rispettano, si accolgono, imparano anche a dissentire, a discutere, sapendo che la relazione è la strada del Vangelo.
“Gli educatori Cavanis preparino i giovani al servizio per il Regno di Dio, aiutandoli ad inserirsi responsabilmente nella vita e attività della parrocchia e della scuola, nei movimenti ecclesiali, e nelle diverse iniziative che promuovano la cultura e il bene della società (Cost. 45/a) Abbiamo bisogno di chiarezza e di umiltà per capire quale società vogliamo costruire.
Non si tratta solo di fare “opere sociali”ma di evangelizzare la cultura e promuovere la giustizia. Questa é la scommessa di una nuova civiltà, dove nessun bambino venga educato a vedere nel diverso un nemico, una civiltà dove i governanti abbiano la passione per gli ultimi e per il rispetto della vita, di ogni vita, una civiltà dove ogni uomo impari, al termine della sua giornata, ad ascoltare la voce che grida: dimmi dov’è tuo fratello.
A questo riguardo il Capitolo darà orientamenti chiari, attuabili e possibili per i religiosi Cavanis che vivono nei Paesi dove la Congregazione è presente?
P. Diego Spadotto, CSCh