Le “certezze” non siano muri

La vita consacrata deve abbandonare il profilo “sacro-formale” e quello “aziendale”. 

Oggi, molti giovani sono stanchi di sentirsi presentare come attuale, dai genitori, dai sacerdoti o dagli educatori, ciò che non lo è; come sostanziale ciò che è formale; come “rivelato” ciò che è soltanto storico. Sono stanchi di parole senza significato, hanno raggiunto un punto di saturazione in quanto dichiarazioni nei loro confronti: “Cari adulti, abbandonate il vostro mondo di realtà virtuali e il vostro passato eroico, siate più umili”. 

E Papa Francesco: “Le certezze degli adulti, possono diventare un muro, un carcere che imprigiona lo Spirito, le loro opinioni posso diventare campo di discussioni infinite. Il futuro che gli adulti prospettano è immagine e somiglianza di quello che loro hanno sempre fatto e già capito”. 

I giovani chiedono agli uomini di Chiesa: “Ponete mano decisamente alle fondamenta della vita cristiana, cioè al sistema culturale che l’ha fino ad ora caratterizzata. La sensibilità culturale di oggi  è altro da quella di ieri, per questo che la vita fatica a dare ragione di se stessa. Ha bisogno di nuovi orizzonti di senso. L’identità non è quella giuridica predefinita ma quella della vita in continua trasformazione. Bisogna esplorare vie nuove per attuare il Vangelo nella storia”.

L’attenzione dei giovani non è sulle nostre “etichette” ma sulle evidenze evangeliche. “Mi attendo da voi che sappiate creare “luoghi dell’anima”, dove si vive la logica evangelica del dono, della fraternità” Francesco).

La vita consacrata deve abbandonare il profilo “sacro-formale” e quello “aziendale”. I Capitolari Cavanis hanno recepito tutto questo? Saranno preparati e disposti a fare una riconsiderazione della vita consacrata Cavanis nei suoi elementi costitutivi?

Come nel brano evangelico, Lc 7, 31-35, il problema fondamentale è la difficoltà di agganciare le persone su qualcosa che conta. C’è un senso diffuso di apatia, di indifferenza, di tristezza, di rinuncia. Sembra che non sia ci sia più niente di importante. L’indifferenza predomina e il più delle volte cresce come difesa, come un modo per non soffrire. Altre volte è frutto di pigrizia, di non voler mettersi in gioco.

Questa sorte di limbo è la situazione peggiore che stiamo vivendo. Gesù non offre mai garanzie per evitare rischi e difficoltà. Per seguirlo dobbiamo imparare a vivere una sana inquietudine e navigare dentro la complessità del mondo.

Non serve tentare di sfuggire, di risolvere tutte le difficoltà, di eluderle. Il vangelo inquieta e se si tenta di addolcirlo lo si tradisce. Il vangelo è “scandalo” per chi cerca scorciatoie, comodità, tranquillanti.

Per rinascere bisogna arrischiare, uscire dal sepolcro della paura e del proprio passato, senza illusioni. Riponiamo al centro della nostra esistenza di religiosi Gesù, la Parola di Dio, la gentilezza, la cordialità e la mitezza che fanno intimamente parte della vita cristiana. Impariamo cosa significhi stare accanto ai giovani mettendoci in gioco con loro nella gioia e nel dolore per aiutarli ad affrontare l’indifferenza. I capitolari aiuteranno i Cavanis a mettersi in gioco, senza continuare a ripetere che le cose non vanno bene e che la colpa è sempre di qualcuno o di qualcosa?

Il mare della vita consacrata Cavanis è agitato, ci sentiamo come i discepoli sulla barca sorpresa dalla tempesta nel lago. Gesù sembra dormire (cfr.Mc 4,35-41). Abbiamo paura. Anche se sfidiamo Gesù, come fece Pietro vedendolo camminare sull’acqua, affondiamo.

Il Vangelo non nega la paura. Non è un libro per superuomini, tiene sempre conto della fragilità umana. I Capitolari, nelle loro proposte, terranno conto della fragilità dei confratelli?

P. Diego Spadotto, CSCh

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