Prima e dopo Cristo, prima e dopo la scoperta dell’America, prima e dopo l’invenzione della stampa, prima e dopo il covid… nella storia c’è sempre un prima e un dopo. Oggi, non riusciamo a renderci conto di prima e dopo internet, nell’educazione, nella formazione, nella pastorale, nella missione, nel lavoro, ecc. e continuiamo a comportarci come “prima”. I giovani, li abbiamo abbandonati o li stiamo cercando?
Alcuni di noi vivono, come tante famiglie e tanti altri educatori, la crisi post internet e percepiscono la necessità di cercare i giovani e ristabilire con loro la fiducia della prossimità, della conversazione, dell’ascolto, dell’amicizia.
Forse per arrivare a questo bisogna affrontare un esodo e attraversare il deserto con tutte le sue sfide e difficoltà già note e le incognite, come l’uso degli algoritmi che se commettono un errore non ne pagano e conseguenze, il tentativo di ridurre il senso morale a mera chimica cerebrale e non come prodotto della volontà e della cultura, e non ultima quella dell’intelligenza artificiale, del metaverso.
Riconosciamo in noi un preoccupante ritardo nell’elaborazione di un progetto neo-umanista capace di porsi come alternativa, all’avanzare di ciò che annulla l’umano e post umano.
Tutto ciò che è vivente è sotto il segno della relazione, della comunicazione e della gratuità. I ragazzi vanno educati a guardare la realtà con quello sguardo critico che è figlio del tempo che passa, a ritrovare la capacità di alzare lo sguardo dagli “intrattenitori elettronici” e dalle sfide sopra citate a chiedersi: come abbiamo fatto a ridurci così? La scuola non basta. Essa, da tempo, presenta delle grosse lacune educative, legate all’ossessione valutativa propria del tempo che viviamo e a altre cause endemiche.
La famiglia e la scuola non riescono a fare cultura e a favorire l’unità tra vita, cultura e fede, per aiutare i ragazzi ad affrontare con saggezza e da protagonisti le sfide attuali senza esserne le vittime sempre umiliate. Oggi nessuno può dire “tocca a te”. Tutti devono fare la loro parte, sapendo che la propria vita e quella sociale si ammalano quando, prima, si ammalano lo spirito, l’intelligenza, il cuore e la società si trasforma nella società degli squali o dei lupi.
Un mondo, in cui è annullata la capacità critica di riflessione e nessuno assume le proprie responsabilità, è un mondo che ritorna alla preistoria, dimensione in cui il branco vale più della persona umana, la sottomissione è offerta al più forte e le nobili battaglie per la pace, la giustizia, l’ecologia, sono battaglie eco-egoiste.
A volte educatori e genitori pensano che se le performance scolastiche di giovani sono al massimo, allora tutto va bene, invece non è così. Le relazioni, che sono il sale della vita, sono fragili a tutti i livelli, aggressive e mascherate. Bisogna ritrovare il senso delle regole di convivenza riscoprire le radici della cultura cristiana che si trovano nell’arido terreno del Calvario, dove Cristo ha fatto germogliare la speranza, la gioia della gratuità e la passione per l’impegno personale.
Sono antidoti efficaci contro i virus dell’egoismo, dell’indifferenza, della violenza e della corruzione di quel mondo economico/mercato che ha abbandonato l’etica e si è trasformato in una certa finanza che nutre gli squali e i lupi, sulla rotta suicida che non conosce la gratuità. Albert Sabin, inventore del vaccino antipolio, ha rifiutato di brevettare il suo otto e per questo tutti ancora lo ricordano con gratitudine e ammirazione. Aveva solo un obiettivo davanti a sé, salvare i bambini.
Oggi, l’obiettivo imposto ai ricercatori e alla tecnologia è diverso. Brevettare qualcosa è far affluire in cassa miliardi alle società interessate. Come ritrovare il gusto di cercare di capire quello che succede dietro le quinte della tecnologia, nel palco della quotidianità della nostra società.
Quando si sostituisce la gratuità e la fecondità del dialogo, della comunicazione con la seduzione e l’imposizione del potere della tecnologia, abbiamo tutti un piede sospeso nel vuoto pericoloso di un precipizio. Si diventa un’umanità di consumatori capaci di consumare ogni cosa senza godere di nessuna. Sapiente è colui che sa camminare lungo il crinale in modo da poter vedere il lato illuminato, ma anche quello buio della realtà.
P. Diego Spadotto, CSCh