Mai parlare a vuoto di sinodalità

Il cammino sinodale non è una proposta “aziendale o industriale” che privilegia l’organizzazione rispetto alle relazioni...

La dinamica sinodale è un metodo evangelico per affrontare insieme i problemi, discernere alla luce della Parola di Dio, distinguere tra ciò che è essenziale, su cui arrivare a una decisione unanime, e ciò che è accessorio, su cui chiedere il rispetto reciproco.

San Paolo, offre un buon punto di partenza per la dinamica sinodale: “Tenete a mente che chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno, dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza perché Dio ama chi dona con gioia”(2Cor 9, 6-7).

Il cammino sinodale non è una proposta “aziendale o industriale” che privilegia l’organizzazione rispetto alle relazioni, la perfezione rispetto alla carità, ma è una verifica per vedere se Gesù è “il tutto della vita del religioso, e se a lui ha dato tutto di se stesso. Prendi, Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo: tu me lo hai dato, a te, Signore, lo ridono, tutto è tuo, puoi disporne a tuo piacimento, dammi il tuo amore e la tua grazia, perché questa mi basta” (Ignazio di Loyola).

Per molti consacrati, il Sinodo può essere l’ultimo treno da prendere, per ritrovare il senso della loro vita e la bellezza del carisma; per togliere contaminazioni mondane e seminare con gioia. Se non c’è seminagione nel tempo giusto, sarà sterile, frammentato, nevrotico l’apostolato (P. Marco Cavanis). 

Il dono di se stessi al Signore talora è sincero, talora ipocrita ma, in ogni caso, sarà sempre visibile, come nel caso di san Pietro (cfr. Gv 13, 36-38), che è sincero quando si dichiara disposto a dare la vita per Gesù, ma non aveva messo in conto la sua umana debolezza. Noi siamo ugualmente sinceri, quando facciamo dichiarazioni simili. Spesso però non teniamo conto della nostra fragilità e, pur essendo sinceri, siamo presuntuosi e non veri, nascondiamo la nostra debolezza. Gesù chiede a Pietro e a tutti noi sincerità nella verità.

Questo esprime bene ciò che avviene a ciascuno di noi quando, un po’ smarriti, siamo entrati in certe situazioni senza convinzioni chiare, senza essere umilmente sicuri, ci troviamo confusi e ci chiediamo il perché siamo arrivati a questo punto. Alla fine, Gesù non chiede a Pietro e a noi, altro che “mi ami più di costoro?”, e di lasciarsi levigare dagli eventi, per divenire sempre più equilibrati e affidabili, meno presuntuosi. Nel fare il dono di se stessi è bene ricordare quanto insegnava un rabbino di Israele: il fiume Giordano forma due laghi, uno è vivo, l’altro è morto. Quello vivo riceve e dona, quello morto, riceve soltanto. Nella vita religiosa, se ci siamo donati completamente a Gesù, ci doneremo completamente ai bambini e giovani, e non affolleremo le agende degli psicoterapeuti per trovare un senso alla vita.

Il pericolo del cammino sinodale è che l’ascolto e la partecipazione, rimangano “cose” da superiori, escludendo le comunità, i laici, i giovani, gli insegnanti e i collaboratori. Sarebbe un’enorme frustrazione e un tradimento dello spirito sinodale. Non si può sperare che la Congregazione sia viva e forte se le comunità sono deboli e spente e se i laici non sono chiamati a dare il loro contributo. “Cristiani si diventa, non si nasce”(Tertulliano).

Religiosi si diventa se camminiamo insieme nonostante la debolezza della fede, la timida speranza, la carità ferita. L’unica cosa ragionevole che ci fa prendere coscienza di chi siamo e di quanto valiamo, è il camminare insieme. La nostra storia di religiosi Cavanis non può essere letta, né capita, se non in chiave di gratuita partecipazione comunitaria nella Carità.

Eppure c’è sempre dentro di noi la tentazione di non accettare di essere salvati gratuitamente da Cristo e dalla comunità, si vorrebbe rimuovere la dimensione della misericordia comunitaria e essere protagonisti solitari.

Si è succubi di un inquinamento della coscienza e di una carità senza misericordia. La Carità, tanto mirabilmente testimoniata dai Fondatori, è dono gratuito che ci libera dalla solitudine e ci fa partecipare umilmente al cammino della Congregazione con la nostra povertà. “Siamo come chi non ha niente e possiede tutto”, felici di stare e camminare con “la povera gioventù dispersa”.

Padre Diego Spadotto, CSCh

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