Misericordia e relazioni comunitarie nella interculturalità

La Parola misericordia, spesso, è usata come un “passepartout” per disinnescare contrasti o coprire problemi nelle relazioni interpersonali, un misto di sentimentale e spirituale, un esercizio ascetico.

La Parola misericordia, spesso, è usata come un “passepartout” per disinnescare contrasti o coprire problemi nelle relazioni interpersonali, un misto di sentimentale e spirituale, un esercizio ascetico. Invece, la misericordia è la sorgente dell’esperienza cristiana e della storia della salvezza. Misericordia non è un concetto che ha una vita propria, ma si ha misericordia per delle persone, per dei dolori, per delle vite concrete. La misericordia non è autoreferenziale, ha un suo processo nel tempo.

Chi vive nella quotidianità delle comunità religiose sa molto bene che ci sono delle condizioni e degli stili di vita  che influiscono profondamente nelle relazioni. Tutti sono migliori o peggiori, hanno i loro guai e pregi, ma in una condizione di vita fraterna di migliore qualità, si sentono stimolati a vivere un po’ meglio. Più la situazione collettiva diventa trasandata, più diventa difficile; può innescarsi un disinteresse che rischia di chiedere un eroismo individuale, non sempre possibile. 

La diversità delle persone e dei comportamenti, delle culture e delle etnie, è una ricchezza, ma è altrettanto evidente che è fonte di molte fatiche. Affrontarla sottovalutandola è un rischio enorme. Assumere con misericordia la diversità significa affrontare il tema della conoscenza, del dialogo,  dei ritmi. Sono temi tutt’altro che tranquillizzanti.

La fede cristiana si pone, con discrezione e rispetto, di fronte a tutte le culture, Gesù non venuto a civilizzare o colonizzare i poveri ma a evangelizzarli, a stringere alleanze, a incarnarsi e inculturarsi. Il Signore non spezza mai canne incrinate né spegne lucignoli fumiganti. Essere testimoni di Gesù non é esportare teologia e civiltà, come “beneficenza”. La beneficenza unilaterale é la forma più sottile del potere. Dare, senza ricevere nulla, è da conquistatori, da rapinatori, da saccheggiatori. 

La Parola di Dio ci libera dall’agire proprio dei “benefattori di questo mondo”, apre il cuore all’umiltà del servizio, del farsi ultimi e interlocutori discreti e fraterni, senza atteggiamenti di superiorità: “Chi si fa maestro di se stesso, si fa discepolo di uno stolto” (San Bernardo). Il problema non è la “confusione” che può generare la diversità, bensì l’aver trattato il sintomo senza riconoscerlo come tale. 

Non è un caso che nella Chiesa la realtà che continua a patire di più, sul lungo periodo, sia la vita religiosa. Il proprio dei religiosi ha investito quasi tutto, nella forma della vita fraterna. Il tentativo dell’istituzione di ricondurre tutto al dato giuridico, con classificazioni e distinzioni indispensabili, non ha prodotto buoni risultati.

Oggi, papa Francesco si muove come uno che ha piena consapevolezza che l’idea di “sacralità” della vita religiosa non esiste più. Non è lui che ha fatto finire quell’impianto, è semplicemente uno che si muove smettendo di far finta che l’impianto esista ancora.

La fede dà senso all’esistenza umana e alle relazioni, senza darne una conoscenza completa, la vita di Gesù è un complesso di relazioni con il Padre, con gli altri, con il mondo, non un insieme di dottrine e la Pentecoste mostra che le relazioni sono uno dei luoghi dell’azione dello Spirito“La Grazia suppone la cultura” (EG 115). Non c’è altro motivo per essere misericordiosi nelle relazioni interculturali e interetniche che sapere del proprio bisogno di misericordia. Papa Francesco offre quattro orientamenti per migliorare le relazioni:

1. “Il Tempo è superiore allo spazio”. Permette di lavorare a lunga scadenza senza l’ossessione di risultati immediati, aiuta a sopportare con pazienza le situazioni difficili e i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone; significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi per risolvere tutto nel presente, prendendo possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione.

2. “La realtà è più importante dell’idea” Le elaborazioni concettuali sono in funzione del “cogliere, comprendere e dirigere la realtà”.

3. “ L’unità prevale sul conflitto”: Ignorare mo mascherare i conflitti crea più problemi che affrontarli

4. “Il tutto è superiore alla parte”. Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque non si deve essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari” EG 235

P. Diego Spadotto, CSCh

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