Gli esperti di sociologia dicono che in Occidente sembra essere obbligatoria l’ignoranza religiosa. La Chiesa ormai è minoritaria. In alcuni Paesi del mondo dove solo il 2% è praticante, per esempio in Uruguay che appartiene al continente più cattolico del mondo, il 42% si dichiara ancora cattolico.
Nell’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” Papa Francesco invita a una “conversione missionaria” della Chiesa e di ogni fedele per “discernere quale sia il cammino che il Signore ci chiede, per raggiungere tutte le “periferie” che hanno bisogno della luce del Vangelo”.
La situazione attuale non permette più alla Chiesa di restare inerte e ferma ad attendere, deve uscire dai suoi confini verso i lontani, gli esclusi: “La sfida è quella di puntare sulla formazione dei cristiani stessi, soprattutto dei leader responsabili delle comunità e degli animatori pastorali”.
La nostra missione è contribuire a costruire una Chiesa missionaria, impegnata a portare il Vangelo in ogni pensiero, in ogni cuore, specialmente tra le moltitudini di giovani poveri e degli oppressi che aspettano liberazione e resurrezione, fondamento di ogni antropologia cristiana.
San Giovanni Paolo II nella lettera indirizzata alla nostra Congregazione (2012) in occasione del Bicentenario, faceva presente questa drammatica situazione.
Per affrontare le problematiche legate alla formazione umana e spirituale, lotta alla povertà, impegno per la giustizia e la pace, promozione dei diritti umani e uguaglianza tra donna e uomo, migrazioni di massa specialmente di donne, bambini e giovani in cerca di lavoro, umiliante perdita della sacralità del corpo umano, non basta aver letto un libro solo, fonte di fanatismo. In altre parole non basta più una formazione superficiale alla missione della vita consacrata tra i giovani.
Queste problematiche non sono soltanto materiali, ma anche sociali e antropologiche. Un esempio: più del 10% della popolazione filippina attiva adulta, vive e lavora all’estero. Si trovano filippini in ben 197 nazioni. Una vera e propria ‘cultura della migrazione’ che, se a livello economico porta alcuni vantaggi alla Nazione, a livello sociale e religioso determina gravi conseguenze per milioni di famiglie.
Assistiamo a un abbassamento di conoscenza della complessità della realtà. Questo succede quando si legge “un libro solo” quello delle proprie idee e di quelli che le condividono. Della realtà si prende qualche pezzettino che va bene ai tuoi correligionari.
Si ha paura del confronto, di “leggere altri libri”, di ascoltare e discernere altre idee. Inoltre, dietro un’idea giusta, di tanti che “hanno letto un libro solo” c’è spesso una retorica aggressiva e la loro conversazione è uno sterminato archivio di frasi fatte, come succedeva in Cina quando i cinesi leggevano solo il “libretto rosso” di Mao.
L’idea che la fede sia in pericolo se affronta il mondo, é un vecchio errore teologico e pastorale che ha fatto tanti danni. Ai poveri si raccontava che Dio li amava proprio perché erano poveri.
Sono arrivate le sette evangeliche che dicono che non è un valore essere poveri e emarginati. È importante stare dalla parte dei poveri, ma proprio perché smettano di esserlo. Negli libro degli Apostoli, si dice che gli Apostoli: “Non potevano tacere” di proclamare il nome di Gesù, la sua Resurrezione, la liberazione e la salvezza e per questo erano presi per folli. Del resto, il Vangelo secondo San Paolo “é follia per il mondo”.
P. Diego Spadotto, CSCh