Non viviamo una fede da sacrestia

Il mondo intero aspira alla libertà...

Il mondo intero aspira alla libertà, eppure ognuno ama le sue catene. Anche quelli  che si ritengono i potenti di questo mondo vogliono cambiarlo ma, generalmente, cominciano con il piede sbagliato, vogliono cambiare la verità, perché dicono la verità solo quando sono a corto di bugie. C’è sempre un insensato tra i potenti che inventa una bugia e qualche altro che poi la perfeziona. Ambedue credono di sapere tutto per questo fanno carriera. Per i giovani cristiani se non conoscono la Parola di Dio e non hanno un atteggiamento di ascolto, diventa sempre più difficile orientarsi in questo mondo “commerciale” e capire che tutti gli uomini danno qualcosa, ma Gesù ha dato tutto e ha fatto del bene senza farlo pesare e senza farlo pagare. Papa Francesco, dando apertura al Mese Missionario Straordinario, invitava a non vivere una fede “da sacrestia”, a non cercare “oasi protette” ma ad essere“sale della terra e lievito per il mondo”. Invita ad offrire i propri talenti, a mettere in gioco la vita che non è “un peso” ma “un dono”, ad essere Chiesa “in uscita e missionaria”, testimoni della fede.

Un mondo che ha bisogno ancora dell’annuncio di Gesù, della speranza di Cristo, di credere a testimoni veri, pieni dell’amore di Dio, che hanno avuto il coraggio di scommettere su di Lui, fidandosi e lasciandosi portare negli angoli lontani della Terra.  Nella memoria di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, Il Papa chiedeva  “audacia e creatività” per mettere a frutto i talenti che Dio ha donato ad ognuno di noi, beni da non lasciare in cassaforte, perché sono “una chiamata”: “Dio ci domanderà se ci saremo messi in gioco, rischiando, magari perdendoci la faccia. Questo Mese missionario straordinario vuole essere una scossa per provocarci a diventare attivi nel bene. Non notai della fede e guardiani della grazia, ma missionari”. Ricordava che, sperimentando l’amore di Dio, non si può restare indifferenti, muti, inattivi. Invitava a chiedersi come testimoniamo, quanto ci mettiamo in gioco: “Testimone è la parola-chiave, una parola che ha la stessa radice di senso di martire non a parole, ma con la vita. La fede non è propaganda, è dono di vita di pace e gioia”. Non fare il bene che si può fare significa peccare di omissione. Omissione contrario di missione.  Lo spiegava con esempi semplici, e ricordava che chiudersi “in un triste vittimismo” è “contro la missione”; così come quando ci lamentiamo del mondo e della Chiesa, quando siamo “schiavi delle paure” paralizzati dal “si è sempre fatto così”.

Pecchiamo contro la missione quando viviamo la vita come un peso e non come un dono; quando al centro ci siamo noi con le nostre fatiche, non i fratelli  che attendono di essere amati: Chi sta con Gesù sa che si ha quello che si dà, si possiede quello che si dona; e il segreto per possedere la vita è donarla. Vivere di omissioni è rinnegare la nostra vocazione: l’omissione è il contrario della missione”. Così la Chiesa è chiamata ad essere sempre in missione, a rinnovarsi, a guardare avanti nell’amore umile e gratuito. Se non è in uscita non è Chiesa: “Una Chiesa (una congregazione) in uscita, missionaria, è una Chiesa (congregazione) che non perde tempo a piangere le cose che non vanno, i fedeli che non ha più, i valori di un tempo che non ci sono più. Una Chiesa che non cerca oasi protette per stare tranquilla; desidera solo essere sale della terra e lievito per il mondo. Questa Chiesa sa che questa è la sua forza, la stessa di Gesù: non la rilevanza sociale o istituzionale, ma l’amore umile e gratuito”. Non viviamo una fede “da sacrestia”. Nessuno è escluso dalla missione della Chiesa,  bisogna partire per andare tra i giovani dove mancano speranza e dignità, vivere con coraggio e la certezza che lo Spirito Santo ha già preparato la strada per l’annuncio. “Il Signore chiama anche te. Chiama te, giovane che sogni grandi cose, te che studi, che lavori in una fabbrica, in un negozio, in una banca, in un ristorante; te, che sei senza lavoro…Il Signore ti chiede di farti dono lì dove sei, così come sei, con chi ti sta vicino; di non subire la vita, ma di donarla; di non piangerti addosso, ma di lasciarti scavare dalle lacrime di chi soffre”.

P. Diego Spadotto CSCh

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