Onora i tuoi limiti, rispetta quelli degli altri, entra nel cammino sinodale

Nel cammino sinodale l’organizzazione che dobbiamo attuare non è di tipo aziendale, ma di tipo evangelico.

Nel cammino sinodale l’organizzazione che dobbiamo attuare non è di tipo aziendale, ma di tipo evangelico. Se la Parola di Dio, per esempio, ricorda al mondo intero il valore della povertà, noi religiosi per primi dobbiamo impegnarci in una conversione alla sobrietà. Se il Vangelo annuncia la giustizia, noi religiosi per primi dobbiamo cercare di vivere con trasparenza, senza favoritismi e cordate.

Se la Chiesa percorre la via della sinodalità, noi religiosi per primi dobbiamo convertirci a uno stile diverso di lavoro, di collaborazione, di comunione. E questo è possibile solo attraverso la strada dell’umiltà.

Se si dimentica la nostra personale umanità fragile, se non si riconoscono e si onorano i propri limiti e non si rispettano quelli degli altri si vive solo di finzioni e inganni. I religiosi, per primi devono allontanare la pericolosa tentazione della mondanità spirituale «che a differenza di tutte le altre tentazioni è difficile da smascherare, perché coperta da tutto ciò che normalmente li rassicura: il ruolo, l’apparenza, la paura della verità”.

È necessario un bagno di umiltà per cambiare, lo Spirito opera attraverso la storia che viviamo. Chi è rinchiuso nella  mondanità spirituale, vive col sapore amaro della tristezza sterile che si impadronisce del cuore, non accetta di essere messo in discussione, non si apre alla novità, non onora i suoi limiti, non ha vera appartenenza alla Congregazione, è manipolatore, sterile e incapace di avere fiducia negli altri.

Se non si impara a vivere l’insicurezza del divenire continuo, non si può assaporare il gusto della libertà. Si vive la vocazione prigionieri delle paure, incapaci di riappropriarsi della propria esistenza, qui e ora, e di vivere con dignità e giustizia. Bisogna puntare con umiltà sulla gratuità della chiamata alla vita consacrata, sulla forza trasformatrice della Parola di Dio.

Questo è fondamentale per quanti nella vita consacrata sono nel servizio di governo e nella formazione. Il loro compito si riassumere in due parole: discernere e accompagnare. Il lavoro serio e paziente del discernimento, non può compiersi se non nell’orizzonte della fede, della preghiera e della coerenza di vita per non essere continuamente esposti al rischio dell’autoreferenzialità e al fallimento.

Da anni, la vita consacrata si sta sciogliendo come neve al sole per mancanza di discernimento e accompagnamento nella scelta dei responsabili della formazione. Ci siamo rassegnati, non adattati, ai continui abbandoni, a situazioni ambigue o superficiali nel comportamento dei formatori, spesso coperte da silenzi complici, al “vuoto” di risultati concreti di riunioni e capitoli, al cronicizzarsi delle crisi personali. 

Quanti dovevano prendere decisioni non hanno dato prova di saper reagire con una insurrezione di dignità, contro questo destino ingrato. Se si vuole riprendere un cammino di autenticità bisogna riconoscere i fallimenti, le sconfitte e le tante omissioni di responsabilità. 

Ora è importante che ognuno si senta umilmente colpevole di omissione e partecipi con  corresponsabilità del lavoro di conversione, di cura e ripresa della vita consacrata, in ogni parte territoriale della congregazione, con spirito sinodale di comunione.

Papa Francesco ci incoraggia a smascherare alcune malattie o virus che fanno tante vittime nella vita consacrata, in particolare: l’eccessiva pianificazione, il cattivo coordinamento, la verifica che non va alle cause dei fallimenti, l’assenza di sobrietà nell’uso delle cose, i virus dei circoli chiusi per coordinare e mantenere il potere, il virus delle chiacchiere pettegole che intasano i social.

Conclude Papa Francesco: la vita religiosa rischia di sembrare una bella bambola…vuota. È da tempo che si ripete: “Meglio una parrocchia senza parroco che con un parroco indegno, meglio chiudere un seminario che tenerlo aperto con formatori che sono de-formatori, narcisisti, dipendenti dai social, meglio non fare un capitolo o una riunione che farli alla maniera politica con elezioni pilotate”.

La complicità che si è creata ha provocato divisioni, fazioni e nemici che si danno  copertura l’un l’altro, ma non per il bene e la verità. Bisogna ritrovare onestà intellettuale e comportamentale, per vivere con gioia la ricchezza multiforme della vita consacrata. 

P. Diego Spadotto, CSCh

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