In uno degli ultimi incontri con la gioventù, “Papa Francesco ha dato i compiti per casa”, ai sacerdoti, ai responsabili della pastorale giovanile, agli animatori e ai giovani stessi. Anche a noi Cavanis che dobbiamo preparare tutti insieme, attraverso le nostre domande, il prossimo Capitolo generale 2019.
- Dal dialogo tra il Papa e i giovani, tanta gioia, ma anche parole forti che sono arrivate dritte al cuore. Francesco è stato schietto, non ha usato mezzi termini e non si è sottratto alle domande, impegnative che i giovani gli hanno presentato: “Il clericalismo è la perversione della Chiesa. La Chiesa senza testimonianza è soltanto fumo”. È arrivato il momento di “uscire dal pessimismo e guardare verso l’alto”. I giovani, rappresentano “la Chiesa in uscita, hanno bisogno di rischiare, sapendo però di non essere soli, di avere qualcuno vicino, pronto eventualmente a rimettere a posto i pezzettini, senza giudicare”. I ragazzi, chiedono agli educatori e sacerdoti che siano fedeli alle parole che pronunciamo, di far vedere che il Vangelo è attuabile ancora oggi, e rende felici.
- I giovani apprezzano molto il fatto che Francesco sia vicino al loro mondo e al loro linguaggio, li sproni a tirare fuori il meglio di loro stessi: “le sue sono parole che stimolano a mettersi in discussione, per riprendere il cammino con forza e nuovo vigore. Uno scossone fortissimo ad entrare nella verità e a non lasciarsi sfuggire la giovinezza quasi fosse sabbia tra le mani…a vivere in profondità, da protagonisti. Questo è possibile solo se la vita la si vive con Cristo”. Nel “botta e risposta” Francesco fa riferimento “con grande realismo cristiano ai sogni e alla paura”, due categorie ben presenti nei giovani che per eccellenza hanno sete di futuro e per i quali il sogno è la modalità per poter incanalare i desideri, ma spesso hanno anche tanta paura, il nuovo demone della società odierna
- “I sogni dei giovani sono i più importanti di tutti. Fanno un po’ paura agli adulti, forse perché hanno smesso di rischiare, forse perché mettono in crisi le loro scelte di vita. Ma voi non lasciatevi rubare i vostri sogni. I vostri sogni sono la vostra responsabilità e il vostro tesoro: fate che siano anche il vostro futuro, i sogni vanno fatti crescere. Ma vi siete mai chiesti da dove vengono? Sono sogni grandi oppure sogni piccoli, miseri, che si accontentano del meno possibile? La Bibbia ci dice che i sogni grandi sono quelli capaci di essere fecondi, di seminare pace e fraternità. Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato. È triste vedere i giovani sul divano. Il giovane che sogna cose grandi va avanti, non va in pensione presto. Niente pessimismo. Voi siete maestri nel sogno. Siate pellegrini sulla strada dei vostri sogni e rischiate, senza paura. La vita non è una lotteria, la vita si fa. E tutti noi abbiamo la possibilità di farla. Non ci sono pasticche che fanno sognare, quelle bruciano i neuroni, addormentano il cuore e ti rovinano la vita.
- “Scegliere, poter decidere di sé sembra essere l’espressione più alta di libertà. Ma l’idea di scelta che oggi respiriamo è un’idea di libertà senza vincoli, senza impegni e sempre con qualche via di fuga”. Aiutate i ragazzi a mostrare quella carta d’identità nuova del loro amore sincero e generoso. “Devi mettere tutta la carne sulla grigliata, come diciamo in Argentina”. Ma solo con Dio i grandi sogni non si trasformano in “miraggi o delirio di onnipotenza”. Riguardo al discernimento nella propria vita e alla loro richiesta di adulti come “punti di riferimento”, il Papa incoraggia i giovani a non temere di scegliere quelli che danno testimonianza e sono credibili. Dove non c’è testimonianza non c’è lo Spirito Santo. (…) la Chiesa senza testimonianza è soltanto fumo”.
- Sogni come stelle brillanti. “E questo è il lavoro che voi dovete fare: trasformare i sogni di oggi nella realtà del futuro, e per questo ci vuole coraggio. Eh … tante volte la vita fa si che gli adulti smettano di sognare, smettano di rischiare; forse perché i vostri sogni mettono in crisi le loro scelte di vita. E proprio seguendo la metafora dell’andare, il Papa si è così espresso: “La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Quanti sepolcri oggi attendono la nostra visita! Quante persone ferite, anche giovani, hanno sigillato la loro sofferenza “mettendoci – come si dice – una pietra sopra”. Con la forza dello Spirito e la Parola di Gesù possiamo spostare quei macigni e far entrare raggi di luce in quegli anfratti di tenebre”.
- “Correre perché il cuore batte all’impazzata, non perché non si ha mai tempo per le troppe cose da fare. Correre verso le periferie, per costruire un’umanità fraterna, perché il mondo ha bisogno di fratellanza, come quella mattina inimmaginabile che ha cambiato per sempre la storia dell’umanità. Abbiamo tanti motivi per correre: spesso solo perché ci sono tante cose da fare e il tempo non basta mai. A volte ci affrettiamo perché ci attira qualcosa di nuovo, di bello, di interessante. A volte, al contrario, si corre per scappare da una minaccia, da un pericolo… I discepoli corrono perché hanno ricevuto la notizia che il corpo di Gesù è sparito dalla tomba. Da quell’alba del primo giorno dopo il sabato, ogni luogo in cui la vita è oppressa, ogni spazio in cui dominano violenza, guerra, miseria, là dove l’uomo è umiliato e calpestato, in quel luogo può ancora riaccendersi una speranza di vita. Non accontentatevi del passo prudente di chi si accoda in fondo alla fila. Sarò felice di vedervi correre più forte di chi nella Chiesa è un po’ lento e timoroso. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Recita un proverbio africano: “Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme”.
- “Gesù Cristo non è un eroe immune dalla morte, ma colui che la trasforma con il dono della sua vita”. C’è l’umanità ferita che viene risanata dall’incontro con il Maestro; c’è l’uomo caduto che trova una mano tesa alla quale aggrapparsi; c’è lo smarrimento degli sconfitti che scoprono una speranza di riscatto. Non è la rappresentazione della sublime perfezione divina, quella che traspare dai segni di Gesù, ma il racconto della fragilità umana che incontra la grazia che risolleva. Non stiamo alla larga dai luoghi di sofferenza, di sconfitta, di morte. Allora la vita diventa una corsa buona, senza ansia, senza paura. Una corsa verso Gesù e verso i fratelli, col cuore pieno di amore, di fede e di gioia. La Chiesa non può stare in panchina con i giovani. Deve essere al loro fianco per indicare la direzione. Giovani come aquile, capaci di volare in alto. “I giovani sono da accompagnare e non da comandare. Non sono polli da tenere chiusi in un cortile”. Negli raduni della gioventù siamo lontani dai grandi numeri delle GMG o altri eventi. Sembrano aumentare le distanze tra i giovani che frequentano la Chiesa e quelli che si allontanano. E’ urgente la nascita di una nuova pastorale giovanile, ma ricordiamo una incisione in una tavoletta di creta di 3000 mila anni or sono, in Mesopotamia: “Questa gioventù è guasta fino al midollo, è cattiva,irreligiosa e pigra. Non sarà mai come la gioventù di una volta”. Nulla di nuovo sotto il sole?!
- Nell’attuale “continente digitale”, è necessario capire come i giovani comunicano, studiano, condividono interessi comuni e persino esplorano la loro fede. È importante avere il polso di questa situazione. È nostra responsabilità come adulti evangelizzatori andare dove sono i giovani. Non significa adottare pienamente i valori che derivano dal vivere nel continente digitale. Gli educatori devono riconoscere i limiti che presenta questo mondo che non ha rivali nella sua capacità di creare nuove connessioni, ma non offre la pienezza dell’esperienza cristiana di cui i giovani hanno bisogno.
P. Diego Spadotto, CSCh