Padre Marco Cavanis e la fondazione missionaria Cavanis in Brasile

“P. Marco ha vissuto profondamente la dimensione cattolica della missione…" - Padre Giovanni

In quest’anno 2023/24, nei duecentocinquant’anni della nascita di P. Marco Antonio Cavanis, siamo invitati a rivisitare la sua vita, la spiritualità, la passione educativa e il suo entusiasmo missionario. Se fosse dipeso da lui, dal suo fervore e dalla sua sofferenza nel vedere l’abbandono in cui era lasciata la gioventù, avrebbe aperto una scuola, un oratorio, in ogni sestriere di Venezia e in ogni città, dove passava nei suoi numerosi viaggi e sarebbe andato “fino in America”.

Era indignato dall’indifferenza dei “buoni” che non s’interessavano della triste situazione della “povera gioventù dispersa”. Ripassando la storia dei primi venticinque anni della Missione in Brasile, scopriamo la presenza e lo stile di p. Marco, protagonista e ispiratore di ogni iniziativa a riguardo dell’educazione della gioventù, della formazione dei futuri Cavanis e delle Opere. P. Giovanni de Biasio, nel libro “A servizio della Chiesa e dei giovani”, ricostruisce la storia dei primi venticinque anni di presenza Cavanis in Brasile.

L’11 ottobre 1993, centoquarantesimo anniversario del Dies Natalis di P. Marco, p. Giovanni annota: “P. Marco ha vissuto profondamente la dimensione cattolica della missione… Ha manifestato i suoi sentimenti in lettere, suppliche, relatori, libri divulgativi… ha provveduto tutto il necessario in mezzi e ricorsi, è stato il futuro… ha iniziato l’iter istituzionale e burocratico perché la piccola Congregazione delle Scuole di Carità avesse il riconoscimento canonico per poter essere libera da ogni potere regalista da parte di ogni governo e così aprirsi al mondo”. 

Nel 1835, nel suo viaggio a Roma p. Marco scriveva al fratello p. Antonio: “Ho passato questi giorni a prepararmi ai compiti della mia missione, cioè in preghiera e scrivendo perché le fondazioni costano molto, ma poi rendono molto di più di quanto costano”. Commenta P. Giovanni: “Queste parole hanno un valore profetico per noi che celebriamo i 25 anni di presenza  della Missione Cavanis in Brasile, e come costano le fondazioni!”.Quando P. Marco ritorna a Venezia, ha piena certezza che il Papa approverà la Congregazione e che questo avverrà per opera della Provvidenza, nella festa della Madonna Assunta. E così avverrà.

Nella Chiesa tutte le opere sono azioni della Provvidenza e non dell’uomo e delle sue manie di protagonismo e di grandezza. Ebbe l’arte di sentirsi mortale con finissima ironia, non come qualcosa di esterno da raggiungere a fatica, ma come luce interiore e presa di coscienza che l’essere mortale non è solo fragilità, è molto di più. Ebbe bellissimi scambi di santità e di passione educativa con: San Vincenzo Pallotti, Santa Maddalena di Canossa, San Gaspare Bertoni, San Ludovico Pavoni, il beato Antonio Rosmini. P. Giovanni, nel suo libro, mette in risalto come i superiori della piccola realtà Cavanis, abbiano sempre cercato, in quegli anni, l’amicizia, il consiglio e la competenza di vescovi e religiosi della CRB del Brasile. 

P. Marco scrive a un sacerdote di Milano: “Questa splendida capitale ha moltissimi sacerdoti, possibile che non ci sia nessuno che voglia entrare nella nostra Congregazione, approvata dal Papa e con facoltà di diffondersi in tutto il mondo?”.

Soffriva per la scarsità di vocazioni e per le deficienze della loro formazione. Chiedeva “operai per la messe”, che per lui erano i giovani, e che lavorassero con piena, disponibilità e gratuità. Cercava aiuti economici per l’Opera, per pagare i maestri, per aiutare le famiglie povere, mai per sé. Si fece povero per Cristo, per arricchire di saggezza i giovani.

Visse povero fino alla fine della vita. Avvertiva, al suo tempo, che c’era una certa regressione nella percezione del cristianesimo da fede a religione, intesa come una serie di pratiche che in qualche misura tranquillizzano. Allertava i sacerdoti: il sapersi a posto con le cose che crediamo e che facciamo, non è garanzia di santità.

Ricordava che Gesù, smascherava tutto questo e metteva in ridicolo il comportamento dei farisei, abili nel far passare i loro precetti umani sopra la legge del Signore. Per P. Marco la religione non è qualcosa che ti protegge dalla fatica del vivere, ma ti getta dentro la vita e ti fa capire che non c’è destino senza rapporto con l’Assoluto e che la dimensione verticale dell’esistere va coltivata. 

P. Diego Spadotto, CSCh

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