Papa Francesco e l’educazione della gioventù

A volte noi non crediamo nei giovani. Li vediamo sempre attaccati allo smartphone, distratti, poco interessati, quasi indifferenti. Francesco invece crede nelle persone.

“Per capire Papa Francesco bisogna avere occhi buoni”. A volte noi non crediamo nei giovani. Li vediamo sempre attaccati allo smartphone, distratti, poco interessati, quasi indifferenti. Francesco invece crede nelle persone. È convinto che Dio lavora in ogni cuore. Non è mai pessimista di fronte alla realtà. È questa capacità di vedere il sole sempre, anche nella oscurità della notte, un insegnamento importante. Francesco da sempre ha per i poveri una preferenza. È convinto che “sono le persone più vicine a Dio”. Quando era formatore in Argentina, ai giovani gesuiti diceva di studiare dal lunedì al venerdì. Ma sabato e la domenica dovevamo andare nei barrios e mettersi alla scuola dei poveri. Prendeva sul serio le parole del Vangelo: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”.  Oggi, in una società, profondamente lacerata dagli effetti della cultura dello scarto, Francesco afferma che l’educazione dovrà essere “sempre aperta a creare un arcipelago in grado di mettere in relazione ciò che socialmente e culturalmente può essere concepito come separato”. La chiave per crescere nella saggezza sta non tanto nel trovare le risposte giuste ma nello scoprire le domande giuste, richiamandosi ad una frase di un “maestro saggio”, per esortare a porsi domande provocatorie sul senso della vita e su come costruire un futuro migliore.

Scholas Occurrentes è una iniziativa creata dall’allora arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio, sotto il nome Neighbours School come progetto di integrazione di studenti di tutte le confessioni religiose, è arrivata in Giappone per installare la sua prima sede ufficiale nella città di Sendai. Le altre sedi si trovano in Argentina, Città del Vaticano, Colombia, Spagna, Haiti, Italia, Messico, Mozambico, Panama, Paraguay, Portogallo e Romania. In Giappone, Scholas ha il supporto incondizionato dell’Istituto di studi asiatici e africani, l’Università ebraica di Gerusalemme, rappresentata dal suo Direttore Nissim Otmazgin e l’Associazione giapponese delle organizzazioni religiose, guidata da Sukyo Mahikari, Rissho KoseiKai, Myochikai. Ora è presente in 190 Paesi e attraverso la propria rete comprende più di 500.000 istituzioni e reti educative. La sua missione è l’integrazione di tutti gli alunni del mondo attraverso proposte tecnologiche, sportive e artistiche che promuovono l’educazione dalla cultura dell’incontro. Papa Francesco ha incontrato nella nunziatura di Tokyo un gruppo di ragazzi giapponesi coinvolti nelle iniziative di Scholas Occurrentes nel Paese. Seiji Tanaka, 18 anni, ha rivolto al Papa alcune parole a nome del gruppo dei giovani partecipanti: “Quando ci chiediamo, per cosa stiamo studiando? Pensiamo che debba essere quello di creare un mondo più giusto e pacifico; riteniamo che questa sia la missione che ci è stata data. Durante questi giorni del programma Scholas, abbiamo scoperto che ci sono cose che non possono essere espresse con i numeri o con la logica e che sono nel cuore delle persone”.  Francesco ha spiegato che “saggezza non è avere idee, ma esprimersi con tre linguaggi: quello della mente, le idee; quello del cuore, ciò che sento; e quello delle mani, ciò che faccio: nel vostro dipinto avete usato i tre linguaggi” e “quando si usano armonicamente i tre linguaggi, uno è veramente creativo”.

La Sophia University, fondata nel 1913  dalla Compagnia di Gesù su invito di Papa Pio X.   Oggi 12.000 studenti frequentano il baccalaureato e altri 1000 si stanno specializzando nei master. 580 sono i docenti, tra cui una ventina di gesuiti. 8 le facoltà, 18 i dipartimenti, con due corsi speciali in inglese nella facoltà di scienze e un approccio interdisciplinare di altissimo profilo. E’ in programma l’avvio di un corso sulla sostenibilità ispirato all’enciclica “Laudato sì”, per formare personale destinato alle organizzazioni internazionali. Una caratteristica dell’ateneo gesuita è anche l’internazionalità, con la possibilità di scambi universitari: 2.000 giapponesi ogni anno all’estero e 1.000 giovani di altre nazionalità vengono a studiare a Tokyo. Solo una minoranza sono cristiani. Il Giappone é “Un Paese ricco materialmente ma spiritualmente molto povero. In una società così competitiva e tecnologicamente orientata, questa Università dovrebbe essere non solo un centro di formazione intellettuale, ma anche un luogo in cui una società migliore e un futuro più ricco di speranza possono prendere forma: Nessun studente di questa università dovrebbe laurearsi senza aver imparato come scegliere, responsabilmente e liberamente, ciò che in coscienza sa essere il meglio. Possiate, in ogni situazione, anche in quelle più complesse, interessarvi a ciò che nella vostra condotta è giusto e umano, onesto e responsabile, come decisi difensori dei vulnerabili, e possiate esser conosciuti per quell’integrità che è tanto necessaria in questi momenti, nei quali le parole e le azioni sono spesso false o fuorvianti. Possa la vostra Università essere conosciuta per questo modello di confronto e per l’arricchimento e la vitalità che esso produce”.

P. Diego Spadotto CSCh

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