Diventare “maestri e artigiani della cultura dell’incontro” e mantenere “il sogno comune chiamato Gesù” e “quel sogno che ci fa fratelli”: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli”.
Non siamo qui, non siete qui “per creare una Chiesa parallela un po’ più ‘divertente’ o ‘cool’ in un evento per giovani, con un po’ di elementi decorativi”, il documento finale del Sinodo dedicato ai giovani, quando i padri sinodali, al numero 60 scrivono:
“Vogliamo ritrovare e risvegliare insieme a voi la continua novità e giovinezza della Chiesa aprendoci a una nuova Pentecoste”. Questo è possibile solo se “sappiamo camminare ascoltandoci e ascoltare completandoci a vicenda, se sappiamo testimoniare annunciando il Signore nel servizio ai nostri fratelli, un servizio concreto, non “da figurine”. Veniamo da culture e popoli diversi, tante cose ci possono differenziare, ma nulla ha impedito che potessimo incontrarci ed essere felici di stare insieme, perché sappiamo che c’è Qualcuno che ci fa fratelli”.
Il vero amore armonizza le differenze, “in una superiore unità”, il diavolo “padre della menzogna, preferisce un popolo diviso e litigioso, a un popolo che impara a lavorare insieme”. “Incontrarsi non significa mimetizzarsi, né pensare tutti la stessa cosa o vivere tutti uguali”. E questo è un criterio per distinguere le persone: i costruttori di ponti e i costruttori di muri.
Questi costruttori di muri che seminando paura cercano di dividere e di impaurire le persone. E voi invece volete essere costruttori di ponti.
Abbiamo tante differenze, parliamo lingue differenti. Tutti ci vestiamo in modo diverso ma cerchiamo di avere un sogno in comune il “testamento” di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. Che cosa ci tiene uniti? cosa ci spinge ad incontrarci?: “la certezza di sapere che siamo amati con un amore profondo che ci provoca a rispondere nello stesso modo”.
È l’amore di Cristo quello che ci spinge. Un amore che non si impone e non schiaccia, che non emargina e non mette a tacere, che non umilia e non soggioga. È discreto e rispettoso, di libertà e per la libertà, che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato.
È l’amore silenzioso della mano tesa nel servizio e nel donarsi. Non abbiate paura di amare, non abbiate paura di questo amore concreto, di questo amore che ha tenerezza, di questo amore che serve, di questo amore che dà la vita. Maria ha saputo dire “sì”. Ha saputo dare vita al sogno di Dio. Ed è la stessa cosa che l’angelo vuole chiedere a te, a te, a me: vuoi che questo sogno abbia vita? Vuoi dargli carne con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguardo, il tuo cuore? Vuoi che sia l’amore del Padre ad aprirti nuovi orizzonti e a portarti per sentieri mai immaginati e pensati, sognati o attesi, che rallegrino e facciano cantare e danzare il cuore?
La GMG non sarà fonte di speranza per un documento finale ma per i nostri volti gioiosi e la preghiera.”Dovunque ci troveremo, qualsiasi cosa staremo facendo, potremo sempre guardare in alto e dire: “Signore, insegnami ad amare come tu ci hai amato”.
Ogni viaggio del Papa è costellato di incontri, incrocia migliaia di volti, intercettando per un istante migliaia di sguardi. Parlando dell’importanza della famiglia come luogo di trasmissione della fede, ha raccontato: «Parlando di nonne questa è la seconda volta che la incontro, ieri e oggi, è una vecchietta magra, della mia età o anche più anziana, con una mitria fatta di cartone sulla testa e un cartellone che diceva: “Santità, anche le nonne fanno chiasso”.
P. Diego Spadotto, CSCh