“Prendersi cura dei giovani non è un compito facoltativo per la Chiesa (Congregazione),ma parte sostanziale della sua vocazione e della sua missione nella storia”.Queste parole le troviamo all’inizio dell’Instrumentum Laboris per il Sinodo: Giovani, la Fede, e il Discernimento vocazionale.Per noi Cavanis sono la sintesi del pensiero e dell’azione educativa dei nostri Santi Fondatori.
“La realtà è più importante dell’idea”(EG). “Questo mio primo viaggio è proprio per trovare i giovani, ma trovarli non isolarli dalla loro vita, io vorrei trovarli nel tessuto sociale, in società. Perché quando noi isoliamo i giovani, facciamo un’ingiustizia: togliamo loro l’appartenenza. I giovani hanno un’appartenenza a una famiglia, a una patria, a una cultura, a una fede”(Francesco GMG Rio de Janeiro).
È nella realtà concreta di una Venezia in decadenza che P. Antonio e P. Marco Cavanis hanno incontrato i giovani, si sono incarnati nella loro povertà, fiduciosi nella Provvidenza.
“Nei giovani ci sono risorse preziose da coltivare nella concretezza della vita: l’empatia verso le persone che si incontrano, una percezione equilibrata del senso di impotenza, il contatto con la propria intimità, la disponibilità ad aiutare e collaborare, a distinguere i propri bisogni e le proprie responsabilità da quelli degli altri, di sostenere anche nella solitudine le proprie scelte, di resistere e di lottare di fronte alle difficoltà e ai fallimenti, di portare a termine i compiti assunti”.P. Antonio è P.Marco Cavanis hanno intravvisto e coltivato con intelligenza e perseveranza queste risorse presenti nei giovani e che loro hanno intravvisto con sensibilità straordinaria.
“Molti rilevano la necessità che la Chiesa (Congregazione)rinvigorisca la propria chiamata ad essere collaboratrice della gioia dei giovani in forma gratuita e disinteressata”(cfr. 2Cor 1,24). I nostri Padri, con gratuità e disinteresse,hanno formato generazioni di giovani.
“Tanti giovani chiedono che la Chiesa (Congregazione)sia madre e non si dimentichi mai di loro”(cfr Is 49,, 15-16).“ Per molti giovani che vivono in famiglie fragili e disagiate, è importante che essi percepiscano la Chiesa (Congregazione) come una vera famiglia in grado di “adottarli” come figli propri”.P. Antonio e P. Marco Cavanis: Veramente Padri della Gioventù,di tanti “cari figlioli”.
“Una delle parabole più note del Vangelo, che narra la storia di due figli e fratelli, è quella del “padre misericordioso”, che si potrebbe chiamare anche – parabola del padre che esce due volte”. I nostri Padri per più di cinquant’anni sono uscitiper cercare, riuniree custodiregiovani e adolescenti, per cercare aiuti e persone che si interessassero e si dedicassero ai più poveri.
“L’accompagnamento delle giovani generazioni non è un optional rispetto al compito di educare ed evangelizzare i giovani, ma un dovere ecclesialee un dirittodi ogni giovane”.I nostri Padri hanno sentito il “dovere ecclesiale” di dedicarsi alla gioventù povera. Ogni giovane aveva dirittoa un’educazione degna e ad essere amato con amore paterno.
“Una delle sfide urgenti che caratterizza il nostro tempo è quella della decisione di vita come assunzione responsabile della propria esistenza”.Tutta la vita di P. Antonio e P. Marco Cavanis è caratterizzata dalla “assunzione responsabile della propria esistenza”per testimoniarla ad ogni giovane che incontravano.
“Il discernimento vocazionale è uno stile di vita…uno strumento di lotta per seguire meglio il Signore…ci serve sempre per essere capaci di riconoscere i tempi di Dio e la Sua grazia, per non sprecare le ispirazioni del Signore, per non lasciar cadere il suo invito a crescere”.Per P. Antonio e P. Marco Cavanis la vocazione è stata “uno strumento di lotta”per arrivare a conquistare non solo la libertànell’educazione della gioventù ma anche il diritto dei poveri a una vita degna e secondo giustizia.
“Al di là delle dichiarazioni astratte, dobbiamo chiederci quanto le nostre scuole aiutino i giovani a considerare la loro preparazione scolastica come una responsabilità per i problemi del mondo, per i bisogni dei più poveri e per la cura dell’ambiente”.Tutto quello che i Fondatori volevano raggiungere e far sì che i giovani diventassero responsabili e attivi, “buoni cristiani e ottimi cittadini”.
Nel mondo contemporaneo il tempo dedicato all’ascolto dei giovani non è mai tempo perso. Però, anche quelli che per vocazione e professione dicono di dedicarsi ai giovani fanno fatica ad ascoltarli e le loro opinioni non sono considerate seriamente. Capire i motivi di questo fenomeno è cruciale per poter preparare e affrontare il Capitolo 2019. I giovani non ci ritengono interlocutori significativi per la loro esistenza.
Perché? Essi sono molto critici, chiedono che la Congregazione sia un’istituzione che brilli per esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale.Chiedono che i religiosi che si dedicano alla loro formazione siano trasparenti, accoglienti, onesti, comunicativi, accessibili, interattivi, capaci di accogliere senza giudicare preventivamente.
Cercare di capire la realtà dei giovani è un’operazione quanto mai complessa e, per molti versi, rischiosa. Su di essi si riflettono tutte le contraddizioni del nostro tempo, essi sfuggono ad ogni presa omologante e schematica.
Molti di loro sono cresciuti, ma la fede (da non confondere con il catechismo) non è cresciuta con loro e in loro. Allora è il caso di chiederci: come la fede viene trasmessa a loro? I contenuti della fede e gli insegnamenti classici della fede, legati per lo più al catechismo dell’iniziazione cristiana, appaiono astratti, poco capaci di comunicare il loro significato nel presente.
Noi Cavanis siamo sollecitati a verificare nel Capitolo se e come la nostra propria vita di fede è ancora oggi in grado di interpretare, orientare, far crescere l’esperienza umana e cristiana dei giovani.Tutti i catechismi e tutte le prediche del mondo non valgono quanto un veroincontrocon i giovani.
Sono gli incontri che fanno la differenza. Difficile immaginare che qualunque percorso educativo, anche quello della fede, possa realizzarsi senza incontri personali.
“Una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta” (Francesco).
P. Diego Spadotto, CSCh