In molti confratelli si nota una quasi totale indifferenza a riguardo del prossimo Capitolo, legata ad una certa insofferenza della lentezza legislativa del nostro sistema che non riesce a far partecipare tutti e alla percezione della lontananza della Congregazione dai problemi dei giovani di oggi. Essa sembra tutta preoccupata della sua sopravvivenza o della sopravvivenza economica delle opere.
Questo fa sì che non ci sia giusta preoccupazione, invece, a riguardo dell’efficacia evangelica dell’azione educativa e dello “stare” con i giovani, come hanno fatto i Fondatori. Anche loro hanno vissuto preoccupati con la sopravvivenza della loro Scuola, ma hanno curato intensamente la formazione umana e cristiana della gioventù.
Non si sono lasciati condizionare dalla povertà economica e nemmeno dalla burocrazia che sempre attentava alla libertà della scuola e dell’educazione cristiana. La Congregazione si preoccupi del futuro della gioventù non del suo futuro. I giovani sono il futuro della Congregazione perché per loro è stata fondata.
Il Capitolo avrà il coraggio di affrontare questa realtà, per far sì che la Congregazione ritrovi il coraggio di essere se stessa e di rivolgersi ai giovani e agli adulti, con una proposta alta e di qualità, senza mai abbassare il livello della fede nella proposta educativa, non avendo fretta di “dire qualcosa” ai giovani, prima ancora di ascoltarli? Caso contrario continuerà a perdere i giovani.
L’estrema povertà della città di Venezia ha obbligato i Fondatori a cercare aiuti, per mantenere le Scuole, fuori del territorio della Repubblica Veneta, oggi diremo in altri Stati d’Europa. P. Marco si è fatto mendicante, si sono sottomessi a leggi e condizioni umilianti, non per se stesso, ma per la “povera gioventù”: “Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui/ e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale” (Dante).
Nel Sinodo, il cardinale filippino, Luis Tagle, ha affermato: “è di paternità che i giovani hanno bisogno. Io vescovo, non devo essere solo un manager che gestisce la diocesi…ma essere padre della diocesi… Quando vogliamo costruire una barca bisogna innanzitutto mostrare la bellezza dell’oceano, perché se riusciremo ad appassionare le persone all’oceano, allora inizieranno a costruire la barca”(Saint-Exupéry).
Paternità, maternità, spirito dei famiglia, per i Fondatori la Congregazione era una “famiglia”, dove i giovani crescevano con sentimenti di “appartenenza”.
Nel Sinodo, secondo molti Padri sinodali, la presenza dei giovani: “Ha cambiato l’atmosfera in quell’aula. Se a loro piaceva qualche intervento, acclamavano, urlavano. Chi si sarebbe mai immaginato che nell’aula del Sinodo si sarebbe sentito qualcuno urlare?”. E’ successo perché avevano creato sentimenti di appartenenza alla Chiesa. Quale sarà la presenza dei giovani nel prossimo Capitolo?
I giovani non sono una Chiesa a sé. È fondamentale cercare di integrare il mondo degli adulti e dei giovani con l’obbiettivo di diventare insieme adulti nella fede. La trasmissione della fede in famiglia non c’è più da un paio di generazioni, per lo meno qui in Europa.
Da qui la necessità per la Chiesa di tornare ad essere luogo originario di educazione alla fede. Una missione che passa attraverso la testimonianza che richiede coerenza e autenticità. Quando si rimarca la mancanza di trasmissione delle fede si vuole anche ribadire l’urgenza di annunciare non solo a chi sta dentro ma a tutti i giovani, indistintamente. “Bisognerebbe chiedere “perdono ai giovani”. Nel Sinodo si sono toccatele tante problematiche, luci e ombre del mondo giovanile, grazie anche agli interventi dei giovani, “i più interessanti” e “concreti”. L’eredità che resta alla Chiesa: camminare insieme con loro, ascoltandoli e coinvolgendoli concretamente”.
P. Diego Spadotto, CSCh