Riscoprire i giovani come “luogo di presenza di Dio”

Preparazione per il Capitolo Generale 2019.

Siamo ormai in prossimità del nostro Capitolo generale. Le vigilie segnano il ritmo delle feste, preparano e maturano i desideri di cambiamento, sono, anche, un “tempo opportuno” per riscoprire la dimensione profetica della nostra vita consacrata Cavanis. Il tempo volerà via velocissimo.

Per trovare il senso di questa attesa cerchiamolo nella “povera gioventù dispersa”, liberiamoci dalle paure e mettiamoci in ascolto dello Spirito, maestro del cambiamento. Nella storia dei popoli é quasi invincibile il bisogno di trovare una giustificazione soprannaturale alle sventure proprie e a quelle degli altri.

Quella più comune é la logica economica: chi oggi soffre sta pagando per qualche colpa passata o presente, e chi gioisce sta raccogliendo i frutti dei suoi meriti. I ricchi e i “giusti”, come i farisei, si ritrovano così in un doppio paradiso, quello della terra e quello del cielo, e la “povera gioventù” vive in un doppio inferno, imprigionata dentro una trappola a tenaglia, perché se l’é cercata, senza speranza di liberazione. Come vivere la dimensione profetica dell’essere religiosi, in costante confronto con la Parola di Dio e non con gli indici di popolarità?

I profeti, mettono in crisi le banali ragioni del merito e della colpa e svelano un’altra logica, mostrano un’altra idea di povertà e di giustizia: «Dice il Signore Dio: nelle terre dove ora si trovano, io sono diventato il loro santuario”» (Ez 11,16).

Il profeta presenta un’altra teologia, un’altra logica, quella di Dio. I profeti danno voce alla parte più sofferta del mondo e ricordano che Dio va cercato prima di tutto nei poveri, nei campi profughi, tra gli esiliati, tra gli scartati, nella “povera gioventù”. 

È lì che ci attende e ci incontra, magari dopo averlo cercato e non averlo trovato nei luoghi dove pensavamo fosse, quando avevamo perso ogni speranza. Le esperienze spirituali meravigliose sono quelle che arrivano quando eravamo certi che non sarebbe arrivato più nulla. Ezechiele dice qualcosa di rivoluzionario: il Signore promette ai deportati di Israele che sarà per loro “un santuario”, sarà la sua presenza a sostituire il santuario che non hanno più.

E’ quanto il Sinodo sui giovani ha insegnato e ripetuto. Il Signore dice alla “povera gioventù dispersa”: “Sarò io il tuo santuario”.  L’ignoranza di questa missione profetica della vita consacrata é un difetto, una colpa anche se spesso l’incompetenza, l’improvvisazione sono sfoggiate come medaglie al valore. L’ascolto dei giovani, per la Chiesa,  non è il frutto una indagine sociologica, o pedagogica; è un modo di essere è ed una questione teologica. È dall’ascolto che deriva  la capacità di lasciarsi toccare dalle sfide e dalle opportunità che il mondo giovanile offre.

I giovani sono essenzialmente in ricerca di dialogo, autenticità, partecipazione; vogliono essere ascoltati e guidati a comprendere meglio se stessi, sono “luoghi” dove praticare l’ascolto. Il punto non è aspettare che i giovani vengano alla Congregazione, ma come portare la Congregazione ai giovani e far si che sia punto di incontro, di ascolto e non di “addomesticamento”. 

Per fare questo, occorre un nuovo atteggiamento che ispiri fiducia, vicinanza, speranza; una pastorale dialogante e lontana dal clericalismo. I giovani devono essere parte viva della Congregazione, con un arricchimento reciproco, come in una famiglia.  

Il Capitolo è chiamato a scegliere: o guardare alle “macerie”, alle opere chiuse, alle desistenze, alle difficoltà di rapporto con la gioventù o fermare lo sguardo sui segni di vita e di speranza che fioriscono tra le “macerie”, nonostante tutte le difficoltà. I capitolari sapranno chiedere scusa per non essere stati capaci di includere i giovani; per essere sembrati, lontani, poco accoglienti, poco credibili, arresi; quasi che una mentalità contraccettiva abbia portato le famiglie, le diocesi, le congregazioni a rinunciare a generare vocazioni?

P. Diego Spadotto, CSCh

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