Ritrovare se stessi al di fuori di se stessi

Preparazione per il Capitolo Generale 2019.

Il Capitolo 2019 farà un check-up per verificare lo stato di salute della Congregazione, riscontrerà varie malattie: stanchezza, autoreferenzialità, divisioni, perdita di entusiasmo. Siamo un piccolo resto. Ma é solo una faccia della medaglia. Allarghiamo l’orizzonte e cogliamo l’altra faccia, quella della Gaudium et Spes. 

Ci sono cose belle e tanti germogli nuovi, frutto di quelle trasformazioni missionarie provvidenziali avvenute in questi anni. Anni travagliati, ma fecondi che ci hanno dato la certezza che Dio guida la Congregazione, provvederà a ciò di cui ha bisogno in futuro e saprà stupirci. Non siamo rassegnati, ma desiderosi di affrontare le sfide di questo tempo.

La Congregazione é un cantiere aperto, dove tutto può essere rimodulato in base alle situazioni che cambiano velocemente, e al coinvolgimento personale di ogni religioso. San Giovanni Paolo II, a riguardo delle parrocchie, diceva: “la parrocchia ritrovi se stessa al di fuori di se stessa”, ritradotto da Papa Francesco: “Chiesa in uscita”. La Congregazione, per “ritrovare se stessa al di fuori di se stessa” ha bisogno di una vera conversione pastorale alla “povera figliolanza dispersa”La sfida sta tutta qui, nello scoprire il come e da che parte gettare la rete.

Non possiamo riproporre formule del passato. Bisogna inventare nuove modalità, un nuovo linguaggio nella missione educativa. Non navighiamo al buio, c’è una guida chiara e stimolante che è l’Evangelii Gaudium e l’Esortazione Apostolica “Cristo Vive”. La tentazione che può venire a più di qualcuno è: “prima sistemare la nostra parte territoriale”. Questo sarebbe tornare a guardare ciascuno a se stesso, al proprio orticello, al proprio “museo”. 

Papa Francesco, invece, afferma che “oggi siamo stati chiamati a reggere lo squilibrio” di forze e opere, e che “il tutto è più importante delle parti”, e lo fa con un esempio evangelico. Gli Apostoli non reggono lo “squilibrio” tra il poco pane e la moltitudine della gente e dicono al Signore: “Congeda la gente, che se ne vadano…”. 

Questa è mentalità ristretta propria di funzionari, e poi che ciascuno si arrangi. Ma il Vangelo é un kerygma, insegna ad affrontare gli squilibri, non con improvvisazioni di comodo o con soluzioni senza cuore e spirito, proprie di chi é sordo e cieco davanti alla realtà. Il Signore non vuole che ciascuno torni a “pettinare” le “sue” pecore, allora prende “un bambino e disse: se non diventerete come i bambini…” non perché siano più innocenti o più semplici, ma perché non avevano nessuna rilevanza sociale, in quel tempo. Diventare come i bambini…tornare alla povera gioventù dispersa, provoca squilibrio.

Chi segue Gesù e si fa piccolo può davvero contribuire alla missione che il Signore gli affida, ma: “Chi cerca la propria gloria, come potrà riconoscere e accogliere Gesù nei piccoli che gridano a Dio?”; come potrà cercare “i giovani soli e poveri, finiti nel tunnel della droga, che hanno perso la fede o non l’hanno mai avuta, le famiglie provate dalla quotidianità e sfasciate nelle relazioni?”.

Solo chi “rinuncia a se stesso” per seguire Gesù, diventa libero da ogni altro tipo di interesse e può ascoltare il grido dei giovani che si sono smarriti.

Il pastore che va in cerca della pecora che si era smarrita, non ha nessun interesse personale da difendere, l’unica preoccupazione è che la pecora si perda. Se abbiamo interessi personali e siamo preoccupati del consenso sociale, siamo “pettinatori di pecore”. La libertà da se stessi permette di ascoltare il “grido di Rachele” che piange sulla “povera figliolanza dispersa”.

Essa ha bisogno di noi Cavanis e ci aspetta, ha bisogno delle nostre mani che la sostengano, della nostra parola che semina speranza, della nostra Carità che cura le ferite più profonde. Se non cediamo alla tentazione dell’autoreferenzialità, vivremo l’internazionalizzazione dell’Istituto come buona novella, con passione per Cristo e per i giovani, in “comunità di preghiera…intera”, e non in una vita di preghiera “a metà”, a cui corrisponde sempre un’efficacia pastorale “a metà”. Questa sarà la nostra migliore propaganda vocazionale.

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