SINODI PER LA VITA

L’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’ è un documento storico e sorprendente, profetico e innovatore, non soltanto per l’Amazzonia ma per tutto il mondo.

Papa Francesco nello scorso anno si è incontrato con i popoli amazzonici a Puerto Maldonado, in Perù. Recentemente é stato celebrato il Sinodo Panamazzonico, Repam, Rete ecclesiale pan amazzonica. Nel 2019 ci sarà il Sinodo per l’Amazzonia, per la vita umanaanimale e vegetale. 

L’Amazzonia è un intreccio di foresta e savana, un grembo fecondo di vita che abbraccia nove Stati dell’America del Sud: Guyana, Suriname, Guyana francese, Venezuela, Ecuador, Colombia, Bolivia, Perù, Brasile. Misura circa 7 milioni di chilometri quadrati ((23 Italia messe insieme). Rappresenta il 40% dell’America  meridionale, il 5% dell’intero Pianeta. Ha un valore enorme per il suolo, il sottosuolo, ricchezze ambite da molti a scapito delle popolazioni che l’abitano e dell’ambiente naturale.

Un territorio enorme abitato da 33 milioni di persone. Sono stati censiti in Amazzonia 400 Popoli indigeni che sono il valore più grande. Il Sinodo si occuperà di questa tribolata e defraudata porzione di mondo e dei diritti delle popolazioni che l’abitano. Finora molti di quelli che sono arrivati in Amazzonia hanno portato via e rubato, lasciando veleni e morte. Allora, come rispettare, proteggere, valorizzare l’Amazzonia?

L’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’ è un documento storico e sorprendente, profetico e innovatore, non soltanto per l’Amazzonia ma per tutto il mondo, in questi tempi di grave, urgente e globale crisi climatica e ecologica.

L’Amazzonia riveste un significato universale e manifesta un valore insostituibile, quello di essere uno dei polmoni del pianeta. Parlare di un contributo cristiano al futuro del mondo significa interrogarsi sulla nostra responsabilità come cristiani e riscoprire il valore del rispetto della “terra madre”, dell’aria, dell’acqua, degli animali, della vegetazione. Gli alberi producono ossigeno e loro senza di noi umani possono vivere, noi non possiamo vivere senza l’ossigeno prodotto dagli alberi. 

Parlare di Amazzonia, in primo luogo, significa parlare di popoli, di persone, di culture, di vita comunitaria, di valori straordinari legati alla Vita integrale tra tutti i suoi componenti: esseri umani, spirito, terra, aria, vegetazione, animali.

L’essere umano deve essere consapevole dei problemi che affliggono la terra e la società in cui vive, deve imparare nuovamente il senso di appartenenza ad una Comunità. Parlare di Amazzonia, significa smascherare la tendenza di credere che la libertà consista nell’essere sciolti da qualsiasi legame con la terra e con gli altri esseri viventi, con altre comunità umane.

I popoli dell’Amazzonia, i pochi sopravvissuti a tante stragi, possono ancora insegnare come “vivere insieme” negli spazi comuni della casa e del villaggio, come discutere e decidere. La vita insieme non è soltanto uno spazio di scambi economici ma è il cuore della vera politica, dove si elaborano le leggi per il benessere di tutti, nel rispetto della “Vita e dello Spirito”. La vita quotidiana nei popoli dell’Amazzonia non manca mai del respiro trascendente che guida oltre l’effimero, il passeggero, il provvisorio, l’egoistico, che riducono la vita sociale in un traffico di interessi individualistici, di affari e vantaggi privati. 

I popoli indigeni dell’Amazzonia sanno che la vita di ogni persona della comunità e di ogni popolo che la abita, dipende dalla “salute fisica e spirituale” di ogni tribù e degli altri popoli; dipende dalla “salute” della terra, dell’acqua, delle piante, degli animali; sono consapevoli che si é “popolo” se si vive in difesa degli interessi generali di tutti e non di una sola tribù; sanno che il futuro dipende da opportunità di vita degna offerte a ciascuno e a tutti. Francesco incoraggia la Chiesa a mobilitarsi, affinché le Nazioni che formano questo immenso territorio si sveglino dal letargo e vedano il pericolo di protrarre la situazione attuale, senza misure adeguate.

Siamo “cittadini” solo in quanto siamo “con-cittadini”, ciascuno si “alimenta” dell’altro, del rispetto per la sua cultura, dell’ascolto e del confronto. Negare “l’altro da noi”, é smarrire se stessi.

I cristiani sono chiamati a offrire il loro contributo per un’etica condivisa e una ritrovata convergenza di valori, per non a diventare “piccole tribù rancorose, recinti di indifferenza davanti alla sofferenza di tanti fratelli; club di benestanti che vivono nel loro comodismo, ritenendo tutto “naturale” anche lo sfruttamento insensato della terra e i massacri degli indios e della loro cultura”. 

I popoli indigeni dicono: “Vi preghiamo: quello che succede ogni giorno non trovatelo naturale, di nulla sia detto ‘è naturale’ in questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato disordine, pianificato arbitrio, disumana umanità” (Bertolt Brecht).

Coloro che dimenticano o tentano di “civilizzare” i popoli indigeni sono destinati ad autodistruggersi. L’Amazzonia è una “periferia” maltrattata, sofferente, spogliata da progetti estrattivi predatori, degradata e contaminata dalle imprese minerarie, dalla deforestazione e dall’agrobusiness, che dopo aver estratto tutta la ricchezza delle risorse naturali, senza lasciar niente di buono alle popolazioni locali, ma solamente la devastazione.

Tutta l’Amazzonia ha bisogno di una Chiesa missionaria, misericordiosa, incarnata, povera e per i poveri, e che si prende cura del creato e non che continua ad assumere comportamenti di potere e dominio proprio dei grandi fazendeiros e impresari. L’inculturazione della fede cristiana nelle varie culture dell’Amazzonia sarà un grande passo e un vero arricchimento della Chiesa universale. Il sogno è rendere possibile la nascita e lo sviluppo di una Chiesa indigena, inculturata e che abbia pastori indigeni a guidarla.

P. Diego Spadotto, CSCh

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