Sinodo: Cavanis in ascolto e giovani in movimento per camminare insieme

Oggi, nel mondo giovanile si confrontano e dialogano persone di culture diverse e questo rende necessario avere la consapevolezza della propria cultura e identità.

La disaffezione dei giovani alla Chiesa e a tutto quello che riguarda la vita di una comunità cristiana, è ormai nota e sofferta da parte di sacerdoti, agenti pastorali e qualche volta anche dai genitori. Sono cambiati i giovani e la Chiesa non intercetta più le loro domande. Il Sinodo,  può essere un’occasione per aprire con i giovani un dialogo aperto e non pregiudiziale, non schiavo di ideologie, senza ricatti reciproci, anche se, purtroppo, molti dicono che il dialogo non abita più in luoghi in cui dovrebbe essere di casa, nella Chiesa.

I Cavanis, religiosi e laici, se veramente sono appassionati della missione educativa, cosa possono fare affinché i giovani che frequentano le opere e attività della Congregazione, tornino a dialogare e, insieme, trovino un senso alla vita e diano testimonianza ad altri giovani? Provare ad ascoltarli con l’obiettivo espresso nell’Esortazione apostolica di papa Francesco Christus vivit: per evangelizzare i giovani, ci vogliono i giovani.

Sono loro responsabili della fede dei loro coetanei. Fede vuol dire speranza per vivere, gioia da condividere, carità da praticare, fuoco vivo che accende altre lampade e speranze. Ogni storia di fede é risposta a un annuncio. Come Cavanis siamo invitati ad accogliere, aprire un dialogo e annunciare il Sinodo a quella gioventù che il Signore ci affida nelle nostre opere e attività. 

L’annuncio può essere anche un invito, un incontro che provoca a prendere posizione, può essere un’amicizia per condividere una proposta, una presa di coscienza dei propri talenti come responsabilità, una provocazione della vita in cui sappiamo che opera lo Spirito di Dio.

Oggi, nel mondo giovanile si confrontano e dialogano persone di culture diverse e questo rende necessario avere la consapevolezza della propria cultura e identità. I giovani interpretano la vita non come un insieme di cose ma di messaggi con valenza affettiva legata alla loro età. Gli affetti sono un tema inesauribile sul quale introdurre sapienza, capacità di ragionare, di imparare una disciplina, anche se la tendenza è considerare gli affetti come qualcosa che va e viene e di cui non siamo padroni.

Procedere in modo superficiale o con ingiustificata paura in questo ambito significa non portare frutto, creando premesse nei giovani per rapporti imprevedibili e precari, per solitudini e tragedie.

La missione sinodale è opera di evangelizzazione, di trasformazione sociale, essa guarda ai giovani e alle loro necessità, portando un seme di speranza e di gioia. Non è, con certezza, divorare chilometri battendo il vento o ripetere i principi delle nostre Costituzioni.

Nelle nostre opere e attività Cavanis quali movimenti giovanili possiamo creare e accompagnare? 

Il lavoro missionario dei Cavanis tra i giovani, nelle loro opere e attività, è silenzioso, procede a rilento e spesso non esiste. Ma i missionari  Cavanis non devono restare in silenzio. Sono chiamati a farsi voce dei giovani e con i giovani che, in molti ambiti, sono l’unica voce che si fa sentire nella società. I giovani vogliono essere migliori di ciò che sono per non lasciarsi sfinire dall’indolenza e dalla indecisione, pur con tutti i loro limiti, difetti, imperfezioni. Non vogliono lasciarsi affascinare da magici teatrini della società attuale. Sono sinceri “sine cera”, genuini non miele adulterato con cera. Questa verità è scomoda ma è molto più scomodo cercare di nasconderla.

Sanno che la vita é liberamente “appartenersi” con tanti compagni di viaggio nel cammino di crescita, anche nella propria fragilità e scoprire che nessuno se ne servirà per affermare la propria forza, ma per assumere la sua propria debolezza. La fragilità é come un “buco nero” di cui parlano gli astronomi, che non si tratta di un vuoto, ma di una densità di materia ed energia tale da diventare una incommensurabile forza di gravità.

Aiutiamoli a trasformare il senso di colpa in responsabilità, il dolore in speranza, la fragilità in forza, la paura nel coraggio dei piccoli passi.

Il Papa non si stanca di fidarsi dei giovani e di chiamarli e invitarli a essere promotori di una nuova economia, custodi di “ecologia integrale”, arte di vivere su questo pianeta sentendo la responsabilità di custodirlo, di renderlo abitabile sottoponendo a vigilanza critica tutte le relazioni umane.

P. Diego Spadotto, CSCh

Cerca