“America in Missione, il Vangelo è gioia”: questo è stato il tema del V Congresso Missionario Americano (CAM) che si è svolto nella città di Santa Cruz de la Sierra in Bolivia. La dimensione missionaria in America è viva e sentita: 2.550 delegati da tutto il Continente,dal Nord, Sud e Caraibi; 150 invitati dal resto del mondo, 400 volontari, 160 delegati delle commissioni, per un totale dei 3.150 persone. La diocesi di Santa Cruz si è mobilitata per ospitare 1.500 famiglie coinvolte in 56 diverse parrocchie.
L’Evangelii Gaudium, l’Amoris Laetitia, e la Laudato sì, il documento preparatorio del Sinodo “Giovani, la Fede e il Discernimento vocazionale”, hanno ispirato i lavori anche in vista dell’ “Ottobre Missionario straordinario” del 2019 e del Sinodo sull’Amazzonia.
Secondo la Commissione per l’America Latina delle Nazioni unite, in America Latina e Caraibi nel 2017 la povertà è salita dal 28,5% al 30,7%, e quella estrema dall’ 8,2% al 10%. E’ il Continente più diseguale al mondo, dove il 10% della popolazione detiene il 68% della ricchezza. Aumentano i conflitti sociali, è il Continente più violento nei confronti delle donne e dei bambini. Delle 50 città più violente al mondo, 42 sono Latinoamericane.
Quale missione della Chiesa in questo contesto? E’ urgente passare dal “trasmettere” cultura al “condividere” i dolori e le angosce, le gioie e le speranze dei poveri. Camminare insieme, sempre più “in uscita”, chiamati a essere segno e strumento del cambiamento sociale e morale per tutti coloro che hanno a cuore la missione attraverso gesti concreti di solidarietà.
“Il cammino di formazione alla spiritualità missionaria permette ai giovani di approfondire la propria fede in Gesù di Nazaret, quel Gesù ‘che non è rimasto al balcone, ma si è immerso nella vita’, come afferma Papa Francesco”. Se i rapporti interpersonali, quelli comunitari e quelli tra i popoli e le etnie sono improntati ad atteggiamenti di ostilità, di aggressività reciproca e vittimismo competitivo invece che alla collaborazione, alla comunicazione e all’ascolto, allora diventa sempre più difficile costruire la “civiltà dell’amore”.
Papa Francesco nello scorso anno si è incontrato con i popoli amazzonici a Puerto Maldonado, in Perù. Recentemente é stato celebrato il Sinodo Panamazzonico, Repam, Rete ecclesiale pan amazzonica. Nel 2019 ci sarà il Sinodo per l’Amazzonia, per la vita umana, animale e vegetale.
L’Amazzonia è un intreccio di foresta e savana, un grembo fecondo di vita che abbraccia nove Stati dell’America del Sud: Guyana, Suriname, Guyana francese, Venezuela, Ecuador, Colombia, Bolivia, Perù, Brasile. Misura circa 7 milioni di chilometri quadrati ((23 Italia messe insieme). Rappresenta il 40% dell’America meridionale, il 5% dell’intero Pianeta. Ha un valore enorme per il suolo, il sottosuolo, ricchezze ambite da molti a scapito delle popolazioni che l’abitano e dell’ambiente naturale.
Un territorio enorme abitato da 33 milioni di persone. Sono stati censiti in Amazzonia 400 Popoli indigeni che sono il valore più grande. Il Sinodo si occuperà di questa tribolata e defraudata porzione di mondo e dei diritti delle popolazioni che l’abitano. Finora molti di quelli che sono arrivati in Amazzonia hanno portato via e rubato, lasciando veleni e morte.
L’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’ è un documento storico e sorprendente, profetico e innovatore, non soltanto per l’Amazzonia ma per tutto il mondo, in questi tempi di grave, urgente e globale crisi climatica e ecologica. Parlare di Amazzonia, in primo luogo, significa parlare di popoli, di persone, di culture, di vita comunitaria, di valori straordinari legati alla Vita integrale tra tutti i suoi componenti: esseri umani, spirito, terra, aria, vegetazione, animali.
L’essere umano deve essere consapevole dei problemi che affliggono la terra e la società in cui vive, deve imparare nuovamente il senso di appartenenza ad una Comunità. Parlare di Amazzonia, significa smascherare la tendenza di credere che la libertà consista nell’essere sciolti da qualsiasi legame con la terra e con gli altri esseri viventi, con altre comunità umane.
I popoli dell’Amazzonia, i pochi sopravvissuti a tante stragi, possono ancora insegnare come “vivere insieme” negli spazi comuni della casa e del villaggio, come discutere e decidere. La vita insieme non è soltanto uno spazio di scambi economici ma è il cuore della vera politica, dove si elaborano le leggi per il benessere di tutti, nel rispetto della “Vita e dello Spirito”.
La vita quotidiana nei popoli dell’Amazzonia non manca mai del respiro trascendente che guida oltre l’effimero, il passeggero, il provvisorio, l’egoistico, che riducono la vita sociale in un traffico di interessi individualistici, di affari e vantaggi privati.
I popoli indigeni dell’Amazzonia sanno che la vita di ogni persona della comunità e di ogni popolo che la abita, dipende dalla “salute fisica e spirituale” di ogni tribù e degli altri popoli; dipende dalla “salute” della terra, dell’acqua, delle piante, degli animali; sono consapevoli che si é “popolo” se si vive in difesa degli interessi generali di tutti e non di una sola tribù; sanno che il futuro dipende da opportunità di vita degna offerte a ciascuno e a tutti.
Francesco incoraggia la Chiesa a mobilitarsi, affinché le Nazioni che formano questo immenso territorio si sveglino dal letargo e vedano il pericolo di protrarre la situazione attuale, senza misure adeguate.
P. Diego Spadotto, CSCh