Nessuna vera libertà può essere comprata con il denaro. In particolare la libertà della Scuola e dell’educazione. Papa Francesco, quando ancora era arcivescovo di Buenos Aires, ha dovuto lottare, come duecento anni prima i Cavanis in Venezia, per iniziare Scholas Occurrentes.: “Educare è aiutare a cercare il senso delle cose e bisogna ascoltare, creare cultura, celebrare: gratuità, significato e bellezza.Da esse dipende il futuro dell’umanità per superare qualsiasi crisi”. In questi giorni nel videomessaggio per l’Incontro globale virtuale di Scholas Occurrentes, con giovani, genitori ed insegnanti di tutto il mondo, personalità dello sport, dell’arte e della tecnologia, ha ribadito fortemente che una libertà a pagamento non è vera libertà. Prima del suo videomessaggio è stato trasmesso un video di bambini e ragazzi che danno testimonianza della loro gioia di partecipare a Scholas e prendono l’impegno a difendere l’ambiente secondo le indicazioni della “Laudato Sì”. Anche rappresentanti dell’islam e dell’ebraismo sono intervenuti. “In questa nuova crisi che l’umanità sta affrontando oggi, dove la cultura ha dimostrato di aver perso la sua vitalità, Scholas, come comunità che educa, come intuizione che cresce, apre le porte all’Università del Senso. Educare è cercare il senso della vita e delle cose”.
Il Papa ricorda la storia di Scholas che, nate da una crisi, “non ha alzato i pugni per combattere contro la cultura, né ha abbassato le braccia per rassegnarsi, né si è ritirata piangendo ma ha ascoltato il cuore dei giovani”. Affacciandosi attraverso le fessure del mondo, Scholas ha quindi fatto capolino con tutto il corpo: “L’educazione se non ascolta, non educa. L’educazione crea cultura, o non educa. L’educazione ci insegna a celebrare o non educa. Qualcuno mi potrebbe dire: ma come, educare non è sapere cose? No. Questo è sapere. Educare è ascoltare, creare cultura, celebrare. Così sono cresciute Scholas”. Davanti alle crisi mai lasciare soli i ragazzi. Un’umanità senza crisi, dove tutto è perfetto, “sarebbe un’umanità addormentata”. Il pericolo “arriva quando non viene insegnato ai giovani a relazionarsi con le crisi, se non sono ben accompagnati, “le crisi sono pericolose, perché si può perdere l’orientamento”. Se si attraversano da soli, infatti, si rischia di essere invasi dalla paura, di chiudersi in sé stessi e ripetere “ciò che è conveniente a pochi, svuotandoci di significato, perdendo la libertà. Nelle crisi, “la responsabilità umana è in gioco”, perché crisi significa originariamente “rottura”, “apertura”, ma anche “opportunità di libertà”. E come le radici hanno bisogno di spazio per crescere se no rompono il vaso così è per la vita dei giovani.
Si tratta, quindi, di “armonizzare il linguaggio del pensiero con i sentimenti e le azioni”: testa, cuore e mani, sottolinea il Papa. “Ho visto in Scholas professori e studenti giapponesi ballare con colombiani. È impossibile? Io l’ho visto. Ho visto giovani israeliani giocare con giovani palestinesi. Li ho visti. E studenti di Haiti pensare con quelli di Dubai. E bambini del Mozambico disegnare con quelli del Portogallo. Ho visto, tra Oriente e Occidente, un olivo creare la Cultura dell’Incontro”. Si tratta anche di “riunire il sogno di bambini e giovani con l’esperienza di adulti e anziani”, un incontro che deve sempre avvenire altrimenti non c’è umanità, “perché non ci sono radici, non c’è storia, non c’è crescita”. Si tratta anche di “studenti di tutte le realtà, lingue e credenze, perché nessuno viene lasciato fuori quando ciò che viene insegnato non è una cosa sola, ma la Vita” che darà origine ad altri mondi “diversi, unici, come lo siamo anche noi. Nei nostri dolori più profondi, nelle nostre gioie, nei nostri desideri”. Il Papa esorta a andare avanti prendendo “questa mistica che è stata donata, che non ha inventato nessuno”. Andare avanti, seminando e raccogliendo, con il sorriso, con il rischio, ma tutti insieme.